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Metriche alternative

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Altmetrics e Altmetric attention score

Il termine altmetrics è stato impiegato per la prima volta nel 2010 da un gruppo di ricerca formato da Jason Priem, della University of North Carolina-Chapel Hill, Dario Taraborelli di Wikimedia Foundation, Paul Groth della Vrije Universiteit di Amsterdam e Cameron Neylon del Science and Technology Facilities Council britannico. I quattro studiosi hanno pubblicato un loro Manifesto <http://altmetrics.org/manifesto/> per sottolineare l'insufficienza degli strumenti tradizionali di valutazione (peer-review, analisi citazionale e Impact Factor) dei prodotti della ricerca nell'era del Web 2.0, nella convinzione che l'impatto della ricerca si debba misurare anche attraverso i commenti nei blog, la diffusione nei social media, etc.
Le Altmetrics dunque sono metriche alternative (alternative metrics), o meglio complementari, a tutte le precedenti proposte bibliometriche basate sul conteggio delle citazioni nei database bibliografici commerciali, e offrono una valutazione dell'impatto scientifico a livello di articolo (article-level metrics) basata sull'uso sociale, cioè sul grado di popolarità e diffusione dei contributi scientifici tramite il web, da affiancare alle metriche tradizionali.

Tra le fonti non strettamente accademiche (altmetrics) impiegate per calcolare l'impatto di un prodotto di ricerca si possono distinguere le menzioni dei lavori scientifici presenti in: documenti ufficiali di fonte pubblica; citazioni da parte dei mass media; piattaforme per la gestione delle citazioni bibliografiche (es.: Mendeley, Zotero, Endnote, ReferenceManager, CiteULike, Bibsonomy, Delicious); blog; servizi di slide-hosting (come Slideshare); social network professionali-accademici (es.: ResearchGate; Academia.edu; Selectedworks; Impactstory; MyScienceWork); social media generali (Twitter, Facebook, etc.). Il risultato che i software di gestione delle altmetrics restituiscono si chiama Altmetric attention score ed è raffigurato da una ciambella colorata (donut) che contorna un numero. Il numero rappresenta il totale delle citazioni Web 2.0 ottenute dall'articolo, mentre le diverse gradazioni di intensità dei differenti colori che compongono la ciambella rappresentano la diversa misura in cui le diverse tipologie di fonti concorrono a determinare il totale.

L'indicatore con il suo simbolo può quindi essere incorporato e registrato in qualunque database: i dati altmetrici ad esempio possono essere integrati, con appositi badge bibliometrici, nei repository istituzionali, nelle pagine web di un autore o di un gruppo di ricerca, come anche - ovviamente - nei database bibliografico-citazionali. Ad esempio Elsevier ha acquisito di recente da Ebsco il software Plum-X <https://plumanalytics.com/> per mostrare con una grafica accattivante l'impatto, misurato in termini di altmetrics, dei prodotti di ricerca indicizzati in Scopus, affiancando così la visibilità "social" delle pubblicazioni agli indicatori bibliometrici tradizionali.


Article-level metrics (ALMs) di PLoS

Le altmetrics, per la loro natura strettamente legata all'informazione liberamente accessibile tramite il web, si prestano molto bene a essere utilizzate nelle piattaforme open access. Per questo motivo, le Article-level metrics (ALMs) hanno preso piede in banche dati scientifiche di rilevanza internazionale ad accesso aperto come PLoS. All'indirizzo <https://plos.org/publish/metrics/> viene spiegato il processo di funzionamento delle ALMs, i cui vantaggi riguardano essenzialmente tre aspetti: 1) la capacità di offrire una valutazione dell'impatto di un lavoro di ricerca in tempi rapidissimi rispetto alla tempistica necessaria agli indicatori tradizionali basati sul calcolo delle citazioni; 2) l'inclusione di fonti "non-accademiche", che permette di restituire un quadro d'insieme sull'impatto anche "sociale" degli esiti della ricerca scientifica; 3) la tracciabilità di una curva di impatto dell'articolo nel tempo, per osservarne i cambiamenti.