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VINCENZO PINELLO

Scrittura giornalistica e impegno antimafia. Soluzioni testuali e scelte linguistiche in Mario Francese e Giuseppe Fava

Abstract

Gli studi sulle organizzazioni mafiose sono stati condotti, in molti casi, con una finalità non soltanto conoscitiva, ma anche di contrasto del fenomeno. In particolare, alla cosiddetta “antimafia” sono stati dedicati saggi specifici, tra i quali segnaliamo, per la ricchezza dei materiali e la profondità dell’analisi, la Storia del movimento antimafia di Umberto Santino (2009). Se pochi sono gli studi linguistici sulla lingua della mafia, praticamente nulli sono quelli sulla lingua dell’antimafia. La domanda da porsi, in effetti, è se davvero esista una lingua dell’antimafia, dotata dunque di tratti linguistici e testuali individuabili e peculiari. Per rispondere a questa domanda, in questo saggio viene seguita la strada tracciata da quel giornalismo che, a partire dagli anni ’60 e fino alla prima metà degli anni ’80 del secolo scorso, ci ha consegnato un modo di raccontare la mafia, e le vicende a essa connesse, che ancora oggi è un modello insuperato di impegno civile e rigore professionale. In particolare poseremo lo sguardo su due figure “storiche” che hanno operato durante la stagione pionieristica del giornalismo antimafia (che va grosso modo dalla fine degli anni ’50 al 1992, anno delle stragi di Capaci e via D’Amelio) e che hanno pagato con la vita il loro impegno al servizio della professione di giornalista: Mario Francese e Giuseppe (Pippo) Fava. Di queste due importanti figure proveremo a evidenziare i peculiari tratti della scrittura, con particolare riguardo all’organizzazione testuale (gestione del genere testuale, uso delle fonti documentali all’interno del testo, ed altroi fenomeni) e alle scelte stilistiche, retoriche ed espressive che rappresentano l’architrave discorsiva di un modo di fare giornalismo che ha un solo scopo politico e sociale: sovvertire il sistema mafioso a partire da un cambiamento culturale, avendo come obiettivo la trasformazione del popolo in cittadinanza e l’emancipazione dalle vischiose dinamiche politiche ed economiche dell’isola.