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RICERCA/Da UniPa contributo alla lotta al punteruolo rosso

3-ott-2011

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Una importante studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Palermo, potrebbe condurre alla sconfitta del “Rhynchophorous Ferrugineus” nome scientifico del famigerato punteruolo rosso che dal 2008, anno in cui fu introdotto nella nostre zone, sta facendo strage delle bellissime palme canariesi in tutto il Mediterraneo e soprattutto nella nostra città, modificandone il paesaggio e la natura. Lo studio pubblicato lo scorso marzo sulla prima pagina dalla rivista Journal Invertabrate Pathology è stato presentato in occasione del XXI congresso della Società Italiana di Ecologia sul tema “I limiti dello sviluppo beni e servizi eco sistemici, impatti e gestione” che si sta svolgendo in questi giorni al Polididattico di viale delle Scienze, organizzato dal Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare dell’Università degli Studi di Palermo.
La ricerca svolta da Barbara Monachini, Vincenzo Arizza, docente di Zoologia presso il Dipartimento di Biologia Animale dell’Università di Palermo, Monica Celi, Nicolo Parrinello, docente di Zoologia presso il Dipartimento di Biologia dell’università di Palermo e Mirella Vazzana docente di Zoologia presso il Dipartimento di Biologia Animale ha evidenziato che il batterio entomopatogeno Bacillus Thuringiensis innocuo per l’uomo e gli animali e soprattutto non inquinante per l’ambiente, quando viene a contatto con il famigerato coleottero agisce producendo delle proteine le quali interagiscono con il suo rivestimento intestinale, paralizzandolo e di conseguenza causando la sua morte per fame. “Gli aspetti applicativi che potrebbero scaturire da questa scoperta – dichiara Barbara Manachini, che per questa ricerca si avvale di un finanziamento ministeriale PRIN 2008 – sono davvero interessanti e ci incoraggiano a proseguire queste ricerche con l’obiettivo di sviluppare nel prossimo futuro delle applicazioni sul campo di lotta al punteruolo rosso, ma soprattutto ad altri insetti dannosi”.
Intanto l’insetto è giunto nella riserva dello Zingaro, ma non ha attaccato la Chamaeros humilis denominata volgarmente palma di San Pietro. “Rimane comunque da capire cosa succederà adesso - aggiunge Stefano Colazza, docente di “Entomologia Agraria” presso il Dipartimento di Scienze Entomologiche, Fisiopatologiche, Microbiologiche, Agrarie e Zootecniche dell’Università di Palermo – perché la quantità di cibo, cioè le palme, è drasticamente ridotta. Continuiamo a tenere sotto osservazione il coleottero. Tra un po’, terminato l’ultimo caldo, il coleottero rallenterà la sua azione”.