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ATENEO/Via al piano di rientro e al pagamento dei debiti pregressi

9-nov-2009

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La Price Waterhouse e gli uffici dell’Ateneo concludono l’esame dei debiti pregressi dell’Università di Palermo dopo avere analizzato oltre 30 mila posizioni contabili, un’operazione di trasparenza che consente di avviare il riconoscimento per il pagamento delle somme dovute e di spingere sul piano di rientro che, attraverso maggiori entrate, minori spese, eventuale accesso a forme di finanziamento, ha l’obiettivo di mettere in sesto i conti dell’amministrazione. Il rettore Lagalla ha illustrato l’analisi condotta e i prossimi passi. Trenta milioni la valutazione dei debiti pregressi, che ora è all’esame dei revisori dei conti: circa 9 milioni i fondi da trasferire ai centri con autonomia amministrativo-contabile, circa 1 milione la somma derivante da sentenze esecutive in ordine a procedimenti legali, 9 milioni il debito per l’acquisizione di beni e servizi non tempestivamente contabilizzati, 11 milioni gli obblighi di reiscrizione in bilancio per somme finalizzate.
“Non c’è nessuna altra Università pubblica – ha detto Giampaolo Di Lorenzo, socio responsabile della sede di Palermo di Price Waterhouse – che si è sottoposto a una verifica esterna e che abbia avuto il coraggio di guardarsi dentro in modo così analitico. I nostri accertamenti sulle procedure amministrative hanno portato ai seguenti risultati: le verifiche condotte sugli incassi e sui pagamenti per competenza e per residui negli esercizi finanziari 2008 e 2009 non hanno evidenziato criticità ovvero anomalie; la seconda fase delle verifiche ha interessato l’analisi delle posizioni a residuo risultanti al 31 dicembre degli anni 2007 e 2008, e qui è stata riscontrata in alcuni casi l’esistenza di difformità rispetto alle corrette procedure amministrative delle fasi di entrata e di spesa, oltre alla difficoltà di ricostruzione storica di alcune operazioni sottoposte ad analisi. Bisogna anche dire che l’Università ha avuto e ha un grosso problema, quello di doversi comportare da azienda con strumenti vetusti come la contabilità finanziaria. Mi auguro che la riforma Gelmini preveda per gli Atenei strumenti più moderni e affidabili”.
“Abbiamo fatto la Tac all’Ateneo – dice il rettore Roberto Lagalla –  e siamo molto soddisfatti perché i risultati ci rassicurano su più fronti. Seppure io guidi l’Università da solo un anno, mi fa piacere affermare che a seguito di questa verifica risulta che l’Università ha agito in modo sano rispetto a ipotetiche malversazioni di ogni genere, seppur nell’incongruenza di alcune procedure che hanno oggettivamente causato un danno. Il debito è contenuto in una cifra che siamo in grado di affrontare e che resta al di sotto della soglia di default immaginata dal ministero per l’ipotesi di commissariamenti. Per alcuni anni e anche a seguito della inevitabile lievitazione di specifiche voci di bilancio, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità e oggi è assolutamente indispensabile una politica di contenimento dei costi e di incremento delle entrate che abbiamo condotto già dal nostro insediamento”. Ha aggiunto Salvo Cincimino, docente di Economia aziendale e delegato del rettore: “La fobia che si è diffusa negli scorsi mesi sull’ipotesi di non solvibilità degli stipendi di docenti e personale è del tutto infondata. Adesso, completata la ricognizione dei debiti, l’Università passerà a onorarli tutti, valutando, ove possibile, la possibilità di transazioni”.
Come ha spiegato il direttore amministrativo Antonio Valenti, concluso l’esame dei revisori dei conti, gli uffici adesso passeranno al vaglio ogni debito, dopo avere accertato che la spesa era utile e abbia costituito un arricchimento per l’amministrazione, secondo il regolamento sui debiti fuori bilancio approvato dal Cda il 29 settembre scorso. Sul versante del piano di rientro, il rettore ha individuato i punti cruciali del risanamento, già in gran parte avviati: blocco transitorio del turn over, controllo rigoroso della spesa con gare uniche per tutti i servizi finora appaltati da molteplici centri di spesa, rimodulazione già avvenuta delle tasse universitarie, vendita degli immobili, collaborazione della Regione per sostenere attività di ricerca, e se tutto questo non fosse sufficiente, accordo con il ministero per accedere al credito e spalmare il residuo su 20 o 30 anni.