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FRANCESCA PEDONE

L’inclusione tra mito e realtà

Abstract

L’educazione inclusiva lungi dall’essere uno slogan, una moda, una tendenza, mira a garantire la partecipazione nell’ambiente di apprendimento di tutti gli alunni con le loro singolari peculiarità, pretendendo il superamento del concetto di omogeneità valutativa e formativa (Medeghini 2011), e si configura come un processo di trasformazione della scuola volto ad eliminare l’esclusione sociale, per favorire, invece, relazioni di collaborazione tra e con tutte le componenti della comunità educativa1. L’inclusione si pone come l’orizzonte di senso valoriale verso il quale far convergere sia la riflessione pedagogica sia tutte le azioni concrete che quotidianamente si compiono a scuola. È un ideale a cui le scuole possono aspirare ma che non è mai pienamente raggiunto. L’inclusione implica il cambiamento e una scuola inclusiva è una scuola in movimento (Dovigo 2017), non giunta a destinazione: è un processo senza fine di crescente apprendimento e partecipazione per tutti, attraverso il quale la scuola risponde alle esigenze di tutti gli studenti: tale processo implica per chi si occupa di educazione una riflessione continua e un impegno concreto, nell’ambito di una prospettiva ecosistemica ampia (Canevaro 2011). Nelle pagine seguenti metteremo a fuoco come il progetto culturale ed educativo inclusivo parte dal presupposto che non basta garantire il diritto all’accesso al bene istruzione, ma occorre che i docenti sappiano trasformare questo in benessere individuale e sociale.