Salta al contenuto principale
Passa alla visualizzazione normale.

ALESSANDRA DINO

A colloquio con Gaspare Spatuzza. Un racconto di vita, una storia di stragi

Abstract

C’è un periodo della storia del nostro Paese che avremmo potuto raccontare come fosse il momento si sono aperte le porte dell’inferno. Questo sono state le stragi di mafia dei primi anni Novanta, con i lutti e le distruzioni provocate dall’attacco allo Stato da parte di Cosa Nostra e di altri poteri occulti. Si tratta di vicende narrate e indagate in tanti modi. La novità di questo studio è la strada, il percorso attraverso cui il lettore può esplorare la quotidianità di Cosa Nostra, quell’inferno dei vivi che – dopo aver tentato di fare guerra allo Stato – ancora oggi brucia vite umane, tiene sotto giogo interi quartieri, città, economie nazionali e internazionali. Il libro è il racconto di lunghe conversazioni con Gaspare Spatuzza, uomo d’onore della famiglia di Brancaccio, uno dei “diavoli” che ha deciso di fuggire dall’inferno, provando a chiuderne le porte dietro di sé e che ora accetta di intraprendere un lungo viaggio narrativo che è anche catarsi personale, denuncia sociale e ricerca faticosa di una nuova dimensione di vita. La storia di Spatuzza è quella di un giovane della periferia palermitana attratto e cooptato da Cosa Nostra di cui ha condiviso a lungo la logica e spietata crudeltà, divenendo reggente del mandamento mafioso di Brancaccio e ritagliandosi uno spazio di rilievo nelle stragi di fine anni Novanta; ma è anche – dopo il suo arresto – quella del risoluto collaboratore di giustizia che chiama in causa delicate responsabilità politiche e che mette in discussione l’impianto processuale di tre procedimenti giudiziari, azzerando tredici anni di lavoro di magistrati e inquirenti. Gaspare Spatuzza, infine, è anche il protagonista di una sofferta conversione religiosa, convinto che occorra espiare i propri peccati, chiedendo perdono alle vittime delle sue crudeltà. “Con il dolore si impara” ricorda Eschilo nel coro dell’Agamennone. E di un dolore non solo personale ma anche storico ed “epocale” il libro è testimonianza e memoria. Un dolore che oggi – a distanza di più di venti anni dalle stragi – si alimenta di un ulteriore elemento, “l’offesa della verità” tradita dalle menzogne, dalle false piste di indagine, dalle banali semplificazioni per il pubblico dei non addetti ai lavori. Questo dolore – nel libro – diventa strumento di conoscenza e di esplorazione; lucido e spietato dispositivo per portare alla luce contraddizioni e bugie, per far rivivere esperienze traumatiche e dare espressione ai vissuti, anche i più sgradevoli che questa storia contiene.