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DUCCIO COLOMBO

L’identità della spia: classe e nazione nello spy-thriller sovietico

Abstract

I territori di confine annessi dall'Unione Sovietica negli anni di guerra costituivano un doppio problema per le autorità: l'eredità del sistema capitalista era ancora viva, e l'identità nazionale dei loro abitanti poco chiara. Questi territori, d'altro canto, erano l'ambientazione ideale per i romanzi di spionaggio, ed alcuni tra questi, come ad esempio Sul Tibisco (1954) di Aleksandr Avdeenko, che si svolge nell'Ucraina transcarpatica, una terra dall'appartenenza a lungo contestata, o L'apprendista stregone (1956) di Nikolaj Španov, ambientato in Lettonia, ottennero un buon successo. L'identità è la questione chiave nella narrativa di spionaggio; l'ossessione per l'identità, e per i doppi agenti che nascondono la loro reale natura, è d'altro canto una questione chiave per il governo sovietico fin dagli anni Venti. A quei tempi, però, era l'identità di classe ad essere in discussione; nel corso degli anni Trenta (dopo la proclamazione del socialismo raggiunto) l'attenzione si sposta verso la nazionalità (per sfociare nel dopoguerra nell'antisemitismo ufficiale). E' probabilmente per questo che le autorità sovietiche, che non ammettevano volentieri l'esistenza di una letteratura di massa nella terra del socialismo, non riuscivano a rinunciare al potenziale propagandistico di libri del genere. Nei romanzi in discussione i concetti mobili di appartenenza di classe e di appartenenza nazionale possono essere osservati nella forma in cui erano diffusi a un pubblico di massa.