Salta al contenuto principale
Passa alla visualizzazione normale.

Culture e Società

19. Venere di Milo

Ascolta

Quella che è sicuramente da annoverare tra le statue del mondo antico più famose in età moderna venne alla luce per caso, nel 1820, sull’isola di Melos. La dea, di dimensioni imponenti, tanto che la si potrebbe ritenere un’immagine cultuale, è rappresentata nuda nella parte superiore del corpo, mentre dalla vita in giù è coperta da un manto che, con ricche pieghe, ne avvolge le gambe. Il corpo, gravante sulla gamba destra, appare animato da un forte movimento a spirale, che accentua la sensualità della figura. La mancanza delle braccia (che erano state realizzate a parte) impedisce di comprendere l’iconografia originaria della statua, intorno alla quale sono state formulate differenti ipotesi, avvalendosi anche di alcuni frammenti scultorei probabilmente pertinenti, rinvenuti nello stesso contesto, come una mano recante un pomo. In ogni caso, dal punto di vista storico-artistico, la Venere di Milo va ricondotta alla ricca serie di immagini ellenistiche basate sul tema della dea Afrodite nuda (cfr. i nrr. 18 e 20), che era stato inaugurato dalla celebre creazione di Prassitele, elaborata negli anni centrali del IV secolo a.C. per il santuario di Cnido. La presenza del panneggio intorno ai fianchi pone però la statua nell’ambito di un filone più circoscritto, il quale, per mezzo della rinuncia alla nudità totale, offre un’immagine apparentemente più pudica della dea, come può mostrare anche il tipo della c.d. Afrodite di Arles, forse derivante da un altro originale prassitelico, l’Afrodite di Tespie.

Il tono classicistico che permea la statua del Louvre suggerisce di collocarne la cronologia, da sempre discussa, nell’avanzato II secolo a.C., un’epoca compatibile coi caratteri epigrafici della sua probabile iscrizione dedicatoria, ora perduta.

 

Il calco fedele all’originale è stato ricostruito nella sua interezza grazie al recente intervento di restauro. Una grave lesione aveva infatti comportato, all’altezza del seno, il distacco dal resto della statua di parte del busto, con larghi danni nella zona pettorale. Anche il plinto di base era stato interessato da un’ampia frattura, che lo attraversava in diagonale. Lungo il margine superiore del manto, è riconoscibile una vecchia stuccatura, effettuata per congiungere le due sezioni di cui il calco si compone.

Inventario: GA 270; SA 534.

Misure: cm 212 (compreso il plinto).

Bibliografia: S. Rambaldi, La Gipsoteca del Dipartimento Culture e Società dell’Università degli Studi di Palermo. Storia e Catalogo, Palermo, Palermo University Press, 2017 (“Artes”, n.s. 2), pp. 70-71, nr. 19 (con bibliografia di riferimento sull’originale).