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Culture e Società

23. Busto ellenistico, c.d. Lisimaco

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Trovato a Roma e pertinente alla collezione Farnese, il busto ha goduto di una larga rinomanza in età barocca, dando origine a una fitta serie di riproduzioni moderne in differenti materiali. Fra queste deve essere annoverata anche la replica di Pavia, considerata antica da Giovanni Patroni in un suo studio che uscì in un volume miscellaneo dedicato proprio ad Antonino Salinas nel 1907.

Per lungo tempo al busto Farnese fu associato il nome di Arato (l’astronomo più che lo stratego), finché non fu lo stesso Patroni a proporre di riconoscervi il diadoco Lisimaco, il cui nome, per convenzione, continua a essere spesso usato per indicarlo. L’ipotesi si basava soprattutto sulla presenza del balteo e sull’espressione energica, manifestata dai tratti del volto e dalla decisa torsione di lato della testa, che allo studioso pareva particolarmente conforme al carattere forte e volitivo del diadoco, così come è testimoniato dalle fonti antiche. Il dettaglio del balteo, tuttavia, qualifica sì il soggetto come guerriero, ma in sé non è sufficiente, in mancanza di altri elementi, a connotarlo come generale. La riduzione dell’immagine al solo busto ne limita la comprensione, ma la spalla destra sensibilmente sollevata consente di postulare che il braccio relativo, nell’originale da cui la replica deriva, fosse teso nella stessa direzione verso la quale la testa è rivolta. Sembra dunque plausibile che il personaggio fosse un guerriero rappresentato nel momento della lotta, analogamente al c.d. Gladiatore Borghese, che è stato chiamato in causa come confronto per la posa ipotizzabile per il modello. Quest’ultimo può essere datato al II secolo a.C., sulla base della conformazione dei capelli nel retro del capo, mentre la particolare definizione delle stesse ciocche riconduce, per la redazione della replica in forma di busto, all’età augustea.

 

Calco in scala molto ridotta, pari alla metà delle proporzioni originali. Rispetto al busto Farnese, il quale presenta solo il lato frontale del petto, il gesso è un poco allargato nei fianchi ed è dotato di un maggiore sviluppo basamentale, tanto da assomigliare a una piccola erma. Il sostegno moderno dell’originale non è quindi riprodotto. Si riconoscono i tasselli della lavorazione.

Inventario: GA 410; DCS 3571.

Misure: cm 23,5 x 12.

Bibliografia: S. Rambaldi, La Gipsoteca del Dipartimento Culture e Società dell’Università degli Studi di Palermo. Storia e Catalogo, Palermo, Palermo University Press, 2017 (“Artes”, n.s. 2), pp. 78-79, nr. 23 (con bibliografia di riferimento sull’originale).