26. Giunone Ludovisi
Documentata nella Collezione Cesi già nel XVI secolo, prima del suo passaggio alla raccolta Ludovisi, la testa colossale raffigura un personaggio femminile, incoronato con diadema e vitta. L’acconciatura, divisa nel mezzo da una scriminatura, si caratterizza per le ciocche individuate con cura (limitatamente al lato frontale e ai fianchi sotto il diadema, perché la superficie della calotta cranica non è lavorata), la crocchia sulla nuca e i due riccioli che scendono ai lati del collo, avvitandosi intorno ai due capi della vitta. La denominazione di Giunone (o Era), tuttora usata per convenzione, risale a Winckelmann, che fu l’antesignano del grande interesse suscitato dal pezzo in epoca moderna.
Si tratta in realtà del ritratto di una dama giulio-claudia, perlopiù riconosciuta come Antonia Minore, la madre dell’imperatore Claudio, che era stata divinizzata dopo la morte nel 37 d.C. La base per tale interpretazione è costituita essenzialmente dai confronti nella ritrattistica (soprattutto nell’ambito monetale) e dalla vitta, la benda sacerdotale che Antonia portava in quanto ricopriva la carica di flaminica Augustalis, da quando era scomparsa Livia, la moglie di Augusto (per alcuni, sarebbe invece quest’ultima la donna rappresentata). Se l’identificazione con Antonia è corretta, la scultura va interpretata con ogni probabilità come un’opera postuma, voluta dal figlio Claudio, nella quale il grado di idealizzazione classicistica (pur sempre presente nei ritratti femminili, più ancora che in quelli maschili) raggiunge un livello molto elevato. Infatti Antonia, morta più che settantenne, è raffigurata con tratti giovanili, che ne esaltano la bellezza celebrata dagli antichi (Plutarco, Vita di Antonio, 87, 6). La nobile compostezza del volto rimanda alla tradizione prassitelica, particolarmente idonea per un ritratto di questo tipo.
La maniera in cui è profilato il margine inferiore, subito sotto il collo, rivela che la testa era destinata a essere inserita in un tronco lavorato separatamente.
Calco in scala 1:1. Come negli esemplari presenti in altre gipsoteche, esso è però limitato al lato frontale, quasi si trattasse di una sorta di mascherone. Sotto il collo, a destra (per l’osservatore), è inserita la targhetta bronzea del produttore, di forma rettangolare e oggi molto ossidata: “LEOPOLDO MALPIERI FORMATORE ROMA”.
Inventario: SA 520.
Misure: cm 111 x 71.
Bibliografia: S. Rambaldi, La Gipsoteca del Dipartimento Culture e Società dell’Università degli Studi di Palermo. Storia e Catalogo, Palermo, Palermo University Press, 2017 (“Artes”, n.s. 2), pp. 86-87, nr. 27 (con bibliografia di riferimento sull’originale).