27. Giove di Otricoli
La grande testa in marmo lunense, raffigurante una divinità maschile, fu ritrovata nella cittadina da cui ha preso il nome ed entrò nel Museo Pio-Clementino nel 1783, con l’aggiunta del busto moderno, provvisto del lembo di mantello che scende dalla spalla sinistra. Il volto, calmo e dalle ampie superfici, sembra quasi affondato nella copiosa massa di capelli che lo incornicia, con spesse ciocche movimentate che in basso paiono confondersi coi folti ciuffi della barba. L’espressione, pur caratterizzata dall’imperturbabilità consueta nelle immagini del padre degli dèi, risulta viva, grazie alla bocca semiaperta, alle ombre create dagli occhi profondamente infossati e alle lievi dissimmetrie dei lineamenti.
Ovvia base di partenza per opere come questa è lo Zeus fidiaco di Olimpia. La sua lezione appare però filtrata per mezzo del Serapide di Briasside, risalente al 310 a.C. circa, di cui il tipo del Giove di Otricoli è ritenuto una rielaborazione (ma si è anche pensato, forse erroneamente, a una creazione dello stesso scultore), dato che i punti di contatto sono indubbi. In particolare, dei due tipi in cui la critica divide la tradizione scultorea del Serapide, sulla base della forma assunta dalla chioma in cima al volto, la testa vaticana si pone in continuità con la linea dell’Anastoletypus, caratterizzato dalle ciocche sollevate a lasciare scoperta la fronte. Le caratteristiche stilistiche dell’immagine originale, di cui il Giove di Otricoli è una replica probabilmente risalente al I secolo d.C., sono del tutto compatibili con la fase iniziale del periodo ellenistico, quando, in continuità con suggestioni che si erano già manifestate in precedenza, si era diffusa una particolare attenzione per divinità maschili di aspetto “paterno”.
Goethe stimava a tal punto il Giove da volersene procurare ben due calchi, uno per la sua dimora romana (Viaggio in Italia, lettera del Natale 1786) e un altro per Weimar.
Calco fedele all’originale, mancante però del piedistallo moderno aggiunto a quest’ultimo. Poco visibili i tasselli della lavorazione.
Inventario: GA 205; SA 517.
Misure: cm 82 x 59.
Bibliografia: S. Rambaldi, La Gipsoteca del Dipartimento Culture e Società dell’Università degli Studi di Palermo. Storia e Catalogo, Palermo, Palermo University Press, 2017 (“Artes”, n.s. 2), pp. 84-85, nr. 26 (con bibliografia di riferimento sull’originale).