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Culture e Società

8. Artemide di Gabii

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La statua, ricomposta da più frammenti, recuperati nel 1792 nella cittadina laziale che le ha dato il nome, rappresenta un’immagine giovanile di Artemide, priva di armi e colta nell’atto di drappeggiarsi il mantello intorno al corpo, allacciandolo sopra la spalla destra. Sotto il manto, la dea indossa un chitone manicato, cinto due volte (sotto il petto e in vita, dove forma un kolpos), al fine di renderlo più corto e garantire così una maggiore libertà di movimento, e calza un paio di sandali. La posizione del braccio destro piegato sopra la spalla, con la mano che afferra la fibbia del chitone, ricorda da vicino il gesto di estrarre una freccia da una faretra posta sulla schiena (come si vede, ad esempio, nella celebre Artemide di Versailles, oppure in un’altra statua della stessa dea conservata a Dresda), tanto che si è ipotizzata, a questo proposito, una rielaborazione del copista di età romana che realizzò l’opera.

L’originale della statua da Gabii, databile intorno al 360 a.C., era probabilmente in bronzo, come lasciano pensare certe peculiarità del drappeggio. Il tipo, noto anche da altre repliche, è stato giustamente attribuito all’ambito di Prassitele, alla cui tradizione si possono ricondurre particolari come la delicatezza del volto e la morbida torsione della testa di lato, ma anche il gusto di lasciare scoperta parte del corpo femminile (la spalla sinistra è nuda, per via della veste che è scesa lungo il braccio). Si è anzi pensato a un originale di mano dello stesso maestro ateniese, specializzato nella scultura in marmo ma attivo anche in quella in bronzo. In tal caso potrebbe trattarsi della statua di culto di Artemide Brauronia, vista nel suo santuario sull’Acropoli da Pausania (Periegesi I, 23, 7).

 

Calco fedele ma in scala notevolmente ridotta, di dimensioni pari a meno della metà di quelle originali. Si rilevano fratture nella parte inferiore del sostegno a forma di tronco, nella caviglia destra e nella pianta del piede sinistro, che appare separata dalla suola del sandalo. Sono visibili i tasselli della lavorazione.

Inventario: DCS 3564.

Misure: cm 72 x 20.

Bibliografia: S. Rambaldi, La Gipsoteca del Dipartimento Culture e Società dell’Università degli Studi di Palermo. Storia e Catalogo, Palermo, Palermo University Press, 2017 (“Artes”, n.s. 2), pp. 48-49, nr. 8 (con bibliografia di riferimento sull’originale).