4. Amazzone Mattei
Secondo il racconto di Plinio (Storia naturale, XXXIV, 53), per dedicare una statua di Amazzone nel santuario di Artemide a Efeso fu indetta una gara, alla quale parteciparono i maggiori scultori greci attivi negli anni 440-430 a.C. Arbitri della competizione furono gli artisti stessi, i quali giudicarono l’Amazzone scolpita da Policleto la più bella di tutte, seguita da quella di Fidia, poi da quella di Cresila e infine da quella di Fradmone (scultore altrimenti sconosciuto). Gli Efesini, alla fine, decisero però di consacrare ad Artemide tutte e quattro le opere.
Il grande corpus di sculture di età romana giunte fino a noi comprende numerose statue raffiguranti Amazzoni ferite, le quali ripetono almeno tre tipi differenti, tutti riferibili alla seconda metà del V secolo a.C., ma diversi per iconografia e stile. Gli studiosi vi hanno riconosciuto repliche delle Amazzoni di Efeso, dividendosi però sulle attribuzioni ai singoli scultori nominati da Plinio. Un maggiore consenso, tuttavia, si registra proprio in relazione all’Amazzone Mattei, che è la replica più famosa di un tipo perlopiù assegnato a Fidia, sulla base di una notizia riportata da Luciano (Immagini 4), secondo cui la statua di quel maestro si appoggiava alla lancia. Questo è appunto il gesto dell’Amazzone Mattei, sebbene in passato essa fosse stata erroneamente restaurata con un arco posto verticalmente tra le mani, oggi rimosso dall’originale ma ancora testimoniato nel nostro gesso. Di restauro è anche la testa, tolta a una statua differente.
Dei tre tipi conosciuti, questa è l’Amazzone che esibisce una maggiore fierezza nell’atteggiamento complessivo della figura, apparentemente incurante della ferita sulla sua coscia sinistra (meglio visibile in una replica da Villa Adriana, dove peraltro sembra essere stata accentuata dal copista).
Calco in scala molto ridotta. Eccettuato il basso plinto di base leggermente diverso, il gesso riproduce in maniera fedele l’originale, compresi l’arco oggi non più visibile, l’elmo posato accanto al piede sinistro e il tronco di sostegno, con le armi (di restauro) ad esso applicate.
Inventario: DCS 3569.
Misure: cm 73 x 25,5.
Bibliografia: S. Rambaldi, La Gipsoteca del Dipartimento Culture e Società dell’Università degli Studi di Palermo. Storia e Catalogo, Palermo, Palermo University Press, 2017 (“Artes”, n.s. 2), pp. 38-39, nr. 3 (con bibliografia di riferimento sull’originale).