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Archivio Storico di Ateneo

LE LEGGI RAZZIALI FASCISTE E I DOCENTI DELL’UNIVERSITÀ DI PALERMO

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L'ostilità contro il popolo ebraico, diffusa in molti Paesi europei, non degenerò in atti di aperta persecuzione razziale fino alla presa del potere in Germania da parte dei nazisti nel gennaio del 1933. Ancor prima delle famigerate leggi di Norimberga del settembre del 1935, il 1° Aprile del 1933 il Gesetz zur Wiederherstellung des Berufsbeamtentums (Legge sulla ricostituzione della classe dei funzionari pubblici) aveva statuito al § 3 (cd. Arierparagraph) che tutti i dipendenti pubblici non ariani, fra cui rientravano anche i professori universitari, andassero collocati a riposo.

Fino alla metà degli anni ’30 il fascismo non aveva tradotto in atti legislativi alcun intento razziale. Solamente con la conquista dell’Etiopia e la proclamazione dell’Impero nel giugno del 1936 il regime emanò una prima legislazione contro i nuovi sudditi delle colonie dell’Africa orientale. Consolidatosi nello stesso anno l’Asse con la Germania, il 14 luglio 1938 per ispirazione del governo fu pubblicata su Il Giornale d’Italia un Manifesto degli scienziati razzisti, in cui – affermata l’esistenza su base biologica delle razze (punti 1 e 3) – si sosteneva che alla pura “razza italiana” (punto 6) erano estranei gli ebrei (punto 9). Tale documento pseudoscientifico, sintomo di un ‘allineamento’ (Gleichschaltung) dell’Italia fascista alla Germania hitleriana, fu il primo passo verso l’emanazione di una legislazione antiebraica che avrebbe portato ad atti di discriminazione e di persecuzione, solo in minima parte mitigati da una coraggiosa opposizione di alcuni italiani di vario orientamento ideologico accomunati da sentimenti di operosa solidarietà.


A seguito delle indagini svolte “da parte del Magnifico Rettore”, il penalista Giuseppe Maggiore (1882-1954), “allo scopo di precisare l’entità dello inquinamento giudaico nel campo dell’insegnamento”, furono espulsi dall’ateneo palermitano cinque professori, insieme ad assistenti, aiuti, liberi docenti e personale tecnico-amministrativo di “razza ebraica”. Fra questi vi era anche il fisico Emilio Segrè (1905-1989), che insegnava a Palermo dal 1937. A lui è indirizzata la lettera prot. N. 3121, firmata dal Rettore del tempo, il penalista Giuseppe Maggiore (1882-1954), con cui gli veniva comunicata la dispensa dal servizio [foto 5.1]. La minuta di questa lettera è conservata nella teca insieme a quella con cui il Rettore successivo, Nicola Leotta (1871-1967), in data 13 ottobre 1941 rende noto all’Esattoria Comunale di Palermo che “il Sig. Emilio Segrè, già professore straordinario di Fisica presso questo Ateneo, è stato dispensato dal servizio a decorrere dal 14 dicembre 1938 XVII perchè appartenente alla razza ebraica” [foto 5.2]. Nel frattempo Segrè si era rifugiato in California, dove avrebbe proseguito un’attività di ricerca che sarebbe stata coronata nel 1959 con il Premio Nobel per la fisica.


Nel discorso inaugurale dell’anno accademico 1938-1939, pubblicato sulle prime pagine dell’annuario, il Rettore Maggiore, richiamandosi al discorso di Trieste in cui Mussolini aveva affrontato con i toni roboanti della retorica fascista il “problema razziale”, giustificava la legislazione antisemita presentandola come “una campagna di energica profilassi della vita nazionale”, in conseguenza della quale “ben novantanove professori” erano “stati allontanati in complesso dalle Università italiane; cinque dalla nostra” [foto 5.3].


Dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia nel 1943, il Governo militare alleato (Allied Military Government) nominò Rettore dell’Ateneo palermitano Giovanni Baviera (1875-1963), che era divenuto professore di Diritto romano a Palermo dopo un periodo di insegnamento all’Università di Napoli. Impegnato in politica come deputato nella XXV e nella XXVI legislatura, Baviera aveva presentato una interrogazione parlamentare dopo avere assistito personalmente a un’irruzione di un gruppo di squadristi fascisti nella casa romana di Francesco Saverio Nitti (1868-1953). Già a Napoli si era legato a Benedetto Croce (1866-1952), con cui aveva condiviso le posizioni antifasciste, che continuò a difendere anche a Palermo mostrando solidarietà nei confronti dei colleghi allontanati dall’insegnamento perché ebrei.


Nel suo fascicolo personale tratto dalla serie Docenti si trova la copia di un volantino che riproduceva a stampa una lettera a lui indirizzata il 1° maggio 1946 da Croce per sostenere la sua candidatura politica [foto 5.4], ricordando come egli avesse conservato “intatta” la fede “nel triste periodo dell’oppressione e della vergogna”.


A Baviera, nuovo Rettore dell’Ateneo palermitano, l’Educational Adviser del Governo Alleato inoltrò in data 15 ottobre 1943 (File No. AMGOT/8876/A/Ed.) una nota [foto 5.5] nella quale, in base a un’indagine condotta sulla storia personale di Maggiore e a un esame delle pubblicazioni di quest’ultimo, si prendeva atto della sua manifesta inidoneità a rivestire l’incarico di professore universitario e si chiedeva di indicare i nominativi di chi potesse sostituirlo. Il 21 ottobre il Generale statunitense Frank McSherry (1892-1977) [foto 5.6] comunicò al Rettore e al professore Maggiore il congedo dall’incarico di professore di diritto penale, con effetto immediato, in considerazione della sua indiscutibile attività di “leader, teorico e propagandista fascista nei circuiti universitari e di autore di libri dal carattere più virulento a sostegno del fascismo e contro gli Stati Uniti di America, la Gran Bretagna e, in generale, dei princìpi democratici”.

 

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