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GAP-Graffiti Art in Prison: al Max Planck Institut di Firenze la settimana conclusiva di studi intensivi

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Si è svolta a Firenze la sesta ed ultima settimana intensiva di studi di "GAP-Graffiti Art in Prison" progetto triennale del SiMuA-Sistema Museale di Ateneo dell’Università degli Studi di Palermo, finanziato nell’ambito programma Erasmus+ e realizzato con il Kunsthistorisches Institut di Firenze – Max-Planck-Institut, la Universidad de Zaragoza, il DEMS-Dipartimento di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali di UniPa e l’Accademia di Arte e Design – Abadir di Catania.

I lavori, sul tema “Modi espressivi e di resistenza negli ambienti carcerari: i graffiti nelle loro dimensioni devozionali e politiche”, si sono tenuti al Max Planck Institut con il coinvolgimento di esperti e dottorandi di diverse discipline.
Nell’ambito dell’iniziativa si è svolto al MAD - Murate Art District l’evento moltiplicatore sui risultati del progetto, durante il quale è stata presentata la mostra "102 metri" di Nicoló Degiorgis, artista che ha lavorato in residenza al libro Prison Museum usando gli strumenti della fotografia nelle carceri di Bolzano e di Firenze. È stato, inoltre, mostrato in anteprima, ai dottorandi coinvolti nel progetto, il film-documentario diretto dalla regista palermitana Chiara Agnello e girato durante i workshop nelle carceri, condotti dagli artisti di GAP in collaborazione con i dottorandi e i detenuti.

“Le sei settimane di studio per i venti dottorandi internazionali, con le attività scientifiche che si sono concluse a Firenze, hanno creato un percorso di coesione e di successo - commenta Gabriella Cianciolo, coordinatrice scientifica di Gap. Con i workshop nelle carceri, l’ultimo a Firenze dove abbiamo lavorato è stato il carcere di Solicciano, si è realizzata un’adesione molto ampia tra studiosi, dottorandi e artisti, che ci ha fatto capire l’importanza della rete che Gap ha saputo creare”.

"Nei tre anni di lavoro - conclude Laura Barreca, direttrice artistica del progetto GAP - si è consolidato un esempio di buona pratica capace di coinvolgere diverse università italiane ed europee, istituti e penitenziari nel cui contesto si sono svolte attività dove l’arte ha svolto un ruolo fondamentale, creando uno spazio di incontro tra detenuti e dottorandi. Confidiamo che le relazioni innescate siano generatrici di programmi ed opportunità per la cittadinanza e le università, per favorire inclusione sociale e culturale”.