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CULTURA/Un musicista di 2.500 anni fa malato di gigantismo sepolto insieme con la sua lyra

14-mag-2013

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Un musicista malato di 2.500 anni fa, sepolto con la sua lyra in una tomba della Magna Grecia, a Metaponto. Un uomo tra quaranta e cinquant’anni che soffriva di acromegalia, una malattia del sistema endocrino che causa un progressivo aumento del volume delle ossa e il gigantismo dei piedi e delle mani: una malattia che avrà reso difficile l’attività musicale che svolgeva, come altri grandi esecutori contemporanei che non si sono arresi di fronte a deformità e problemi fisici. Le ultime scoperte su questo “gigante della musica” (alto più di un metro e ottanta, a fronte di una statura media maschile di circa 1.63) sono state presentate alla stampa allo Steri di Palermo – la sede istituzionale dell’Università alla presenza del rettore Roberto Lagalla, del presidente del Polo universitario della provincia di Agrigento Maria Immordino, del direttore del Centro di Gestione del Polo didattico di Agrigento Lucio Melazzo. E saranno illustrate nel corso del congresso internazionale che si terrà dal martedì14 a giovedì 16 maggio al Polo didattico dell’Università di Agrigento: si tratta del VI Meeting del Moisa, un’associazione internazionale che si propone di promuovere la ricerca nel campo della musica e in particolare sul suo ruolo nella società greca e romana. Organizzatrice in sede locale dell’appuntamento che vedrà convergere ad Agrigento studiosi da tutto il mondo è Angela Bellia, docente del laboratorio di Archeologia musicale dell’Università di Palermo, che oggi ha presentato gli straordinari esiti degli studi sulla “tomba del musicista” a Metaponto compiuti nell’ambito di un progetto chiamato “Studio dei resti ossei e degli strumenti musicali nei corredi funerari”.
Ricerca che, a sessanta anni dalla scoperta del Dna, potrà stabilire se la morte dell’uomo sia stata conseguenza dell’acuirsi della malattia che lo aveva colpito. “Il progetto – spiega Angela Bellia - si colloca in un ambito di studi innovativo che coniuga la documentazione storica a interesse musicologico con la ricerca archeologica e le relative estensioni all’ambito dell’archeogenetica. Il supporto al team di lavoro, coordinato dalla professoressa Donatella Restani, è fornito dal Laboratorio di Antropologia archeologica del dipartimento di Beni culturali di Ravenna dell’Università di Bologna, diretto dal professore Giorgio Gruppioni, che svolge attività didattica e di ricerca relative allo studio dei resti scheletrici provenienti da scavi archeologici, all’antropologia molecolare e dell’archeogenetica, e che ha curato, tra gli altri, lo studio dei resti ossei e della ricostruzione virtuale delle sembianze di personaggi famosi del passato come Dante, Caravaggio e Pico della Mirandola e dei due scheletri che si tengono per mano trovati nella cosiddetta ‘tomba degli amanti’ a Fossalta, vicino Modena, su cui si sta ancora indagando per scoprire quale sia la causa della morte della coppia vissuta nel V-VI secolo dopo Cristo”.
La collaborazione scientifica la ricercatrice con il professore Gruppioni (avviata nel 2012 per lo studio di un frammento di un aerofono rinvenuto nel territorio di San Giuseppe Jato in località La Procura) si è adesso spostata sulle sepolture della necropoli rurale di Pantanello, a Metaponto, polis fondata nel secondo quarto del VII secolo a.C. da coloni perlopiù provenienti dall’Acaia, regione del Peloponneso nordoccidentale.
Tombe che si distinguono non solo per la ricchezza e la peculiarità degli oggetti deposti come corredo funerario, ma anche perché contenevano resti di strumenti musicali, lyrai e auloi, sistemati accanto allo scheletro, che si era conservato per le favorevoli condizioni del terreno.
La sepoltura 336 contiene lo scheletro ben conservato del musicista malato: un individuo adulto di età compresa tra i 40 e i 50 anni, vissuto nella metà del V sec. a.C. Era alto un metro e ottanta centimetri, discostandosi dalla media dei 320 individui sepolti a Pantanello la cui statura era compresa fra i 162 e 165 centimetri per gli uomini e i 153 e 156 centimetri per le donne. La malattia è lenta e subdola e procura modificazioni progressive dell’aspetto del volto i cui lineamenti si fanno marcati e grossolani.
L’individuo della Tomba 336 ha il cranio molto robusto con le arcate sopracciliari e le linee nucali spesse, così come la mandibola. Le ossa delle mani sono grandi e il quarto e quinto metacarpo della mano destra sono unite da una escrescenza di osso intorno alle loro estremità. Lo scheletro presenta anche una asimmetria degli arti superiori ed elementi che rivelano una salute cagionevole fin dall’infanzia.
Per l’analisi dei materiali rinvenuti nelle tombe è stato stipulato un accordo tra la Soprintendenza della Basilicata con il Dipartimento di Beni culturali di Ravenna finalizzato allo studio osteologico e all’acquisizione in digitale dei resti ossei delle sepolture, nonché degli strumenti musicali o delle loro parti. Il progetto, cofinanziato dalla Fondazione AGireinsieme, presieduta da Salvatore Moncada, Amministratore delegato della Moncada Energy Group, prevede che nei prossimi giorni – su autorizzazione del ministero dei Beni culturali - i resti ossei siano trasferiti al Laboratorio di Antropologia archeologica di Ravenna.
Lo studio dell’anatomia virtuale dei resti ossei e degli strumenti musicali sarà effettuata mediante sistemi di scansione in 3D e specifici software per il processamento dei dati, attraverso i quali saranno creati i modelli digitali ad altissima precisione. L’indagine sui resti scheletrici, in ambiente virtuale, avrà lo scopo di valutarne in modo accurato e oggettivo la variabilità morfologica e morfometrica e di interpretarla in chiave anatomo-funzionale ed evolutiva. Lo studio virtuale degli strumenti musicali, o dei loro frammenti, sarà finalizzato all’analisi dei particolari acustici e della morfologia originaria. Ove opportuno, nei reperti frammentari o danneggiati saranno modellate le eventuali parti mancanti ed eseguiti interventi di restauro virtuale.
Attraverso la tecnologia digitale sarà consentita l’acquisizione tridimensionale dei resti ossei e degli strumenti musicali e la loro riproduzione come modello digitale che, come già fatto per il frammento di flauto di Corleone, potrà essere visualizzato in ambiente virtuale. Il sistema di scansione e modellazione in 3D sarà impiegato sui reperti al fine di operare su un loro modello virtuale, per poterlo analizzare o modificare. Il modello digitale sarà poi rappresentato in un ambiente tridimensionale artificiale.
Dai modelli digitalizzati visualizzati nell’ambiente virtuale si potranno poi eventualmente ottenere copie fisiche che non solo saranno un utile supporto allo studio antropologico e musicologico ma potranno anche incrementare e migliorare l’indagine scientifica, superando i limiti dovuti alla materialità degli oggetti.
Già negli anni ’80 la particolarità di questa sepoltura, conosciuta come la ‘”tomba del musicista” per la presenza di un carapace di tartaruga collocato sulla gamba sinistra del defunto, aveva richiamato l’attenzione dei ricercatori dell’Università di Austin nel Texas che da anni svolgono ricerche nel metapontino; con i mezzi scientifici e tecnologici di allora, il team di lavoro coordinato da Joseph Coleman Carter non solo aveva studiato le caratteristiche della sepoltura e dello scheletro trovato all’interno, mettendoli in relazione con le pratiche cultuali e rituali della società di Metaponto, ma erano ricorsi a un nuovo approccio multidisciplinare finalizzato allo studio sistematico e statistico dei resti antropici, oltre che delle tipologie tombali e dei corredi che rivelano forti elementi di influenza reciproca tra la realtà indigena e la cultura greca a Metaponto.Tutti questi singolari dati spinsero gli studiosi a tentare una ricostruzione dei tratti del volto attraverso la realizzazione di una matrice in gesso ricavata dal cranio e poi a modellare il plastico del viso per ricrearne l’aspetto.