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ANTIMAFIA/Alfano chiama a collaborare l’Ateneo di Palermo

6-giu-2010

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Un tavolo permanente all’Università di Palermo per dare corpo a suggerimenti e proposte per la redazione del Codice antimafia, il corpus legislativo su cui la Camera si è appena pronunciata, approvando la legge che delega il governo a emanare i decreti attuativi. Lo ha annunciato il Guardasigilli Angelino Alfano al termine della sessione mattutina della giornata di studio dedicata a “Confisca, gestione, destinazione dei patrimoni mafiosi” che si è svolta allo Steri, sede istituzionale dell’Università, organizzata dal dipartimento di Studi europei e delle relazioni internazionali (diretto da Giovanni Fiandaca) in collaborazione con la Fondazione Bianchini e con la Fondazione Legalità. Un’alleanza tra il ministero e l’istituzione accademica, che ha una robusta tradizione nello studio sulla mafia, sia nel campo giuridico che economico che sociale. Ma non solo professori e ricercatori: del tavolo faranno parte magistrati, avvocati, tutti coloro che abbiano maturato un’esperienza specifica. Il rettore dell’Ateneo, Roberto Lagalla, ha accolto subito l’invito: “Siamo molto felici di collaborare. La nostra Università è già impegnata in prima linea nell’affermazione della legalità e vuole essere sempre più parte della squadra di cui ha parlato il ministro, cioè di una rete di istituzioni e di società che combattano la mafia in modo compatto e coordinato”.
Proprio sul tema del contributo concreto offerto dall’Ateneo, è stato presentato sabato il corso di alta formazione post-laurea in “Amministrazione e gestione dei beni confiscati alla mafia”, il primo in Italia. Il corso, che partirà a ottobre (info su www.dems.unipa.it) intende formare esperti che abbiamo competenze trasversali, di tipo giuridico, amministrativo e manageriale, che sappiano seguire tutte le fasi della gestione di un bene strappato alla mafia: dal sequestro alla confisca, dall’assegnazione alla sua riutilizzazione virtuosa. C’è infatti la necessità di creare figure specifiche che aiutino a superare le criticità della “filiera”, soprattutto relativamente alla necessità di rendere nuovamente produttivi, ma nel circuito legale, i beni che appartenevano alla mafia. “Tema estremamente importante – ha sottolineato il ministro Alfano – perché bisogna sconfiggere il refrain secondo cui la mafia dà lavoro. È lo Stato che dà lavoro, e in modo pulito”.
Presenti al convegno il direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati, appena istituita, Mario Morcone, numerosi magistrati (Gaetano Paci, Lucia Liotti, Giuseppe Pignatone, Roberto Scarpinato, Silvana Saguto, Alberto Cisterna), professori universitari, avvocati. “Il codice – ha detto il ministro – non intende essere solo una raccolta della legislazione esistente ma un corpus che dia più efficienza e agilità nella lotta alla criminalità organizzata. Da qui all’emanazione dei decreti attuativi c’è un anno e mezzo per lavorare. Sulla mafia c’è bisogno di unità e di compattezza, c’è bisogno di fare squadra tutti insieme: politica, uomini di studio, magistrati, avvocati. società civile”.