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FULVIA SCADUTO

Maestri e cantieri del Cinquecento in un centro della Sicilia occidentale: Alcamo

Abstract

La città di Alcamo (in provincia di Trapani) è stato uno dei luoghi dove la resistenza al classicismo e la sopravvivenza del gotico si sono protratte a lungo, travalicando la metà del XVI secolo con l'esperienza di artefici di provenienza esterna e di formazione tradizionale ma aperti a un ventaglio di possibili alternative, disponibili a incamerare opzioni diverse o ad utilizzare indifferentemente i due linguaggi. Non si tratta di un episodio isolato o di un'eccezione, poiché in molteplici periferie siciliane non studiate, ancora in pieno Cinquecento, si può assistere a un fenomeno analogo. Alcamo comunque costituisce un osservatorio ideale: qui sperimentazioni, combinazioni, integrazioni o episodi di convivenza dei due stili delineano una lunga stagione. Ad Alcamo, per esempio, lavora il misterioso maestro Lisasce (Li Saxi, Li Sasci) e opera con successo, a partire dagli anni Quaranta, il capomastro-architetto Girolamo Vicchiuzzo, reduce dalle grandi fabbriche del primo Cinquecento a Palermo; una personalità che appare dominare la vita del cantiere locale e autore di edifici tradizionalisti (tardogotici) con coperture a crociere costolonate e innesti classicisti o citazioni all'antica (chiesa di S. Maria dei Miracoli, 1548; chiesa di S. Nicolò di Bari, 1558; chiesa di S. Oliva, 1560). Nelle realizzazioni di questo singolare maestro bilingue si assiste, in realtà, al continuo gioco dello "scambio" dei due linguaggi: il mondo dell’ultimo gotico e quello del classicismo si affiancano e convivono senza mai mescolarsi. Almeno fino agli anni Sessanta del secolo continuerà a costruire fabbriche in pietra a vista caratterizzate da un'asciutta essenzialità e secondo modi di un "eclettismo consapevole".