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ETTORE SESSA

L'orientalismo nell'architettura occidentale d'età contemporanea tra fascino esotico e ricerca del vero

Abstract

Riposti gli slanci estetico-ideologici dell’ultima stagione del “secolo della ragione”, per tutto il XIX secolo l’orientalismo sarà intonato alle variabili delle periodizzazioni stilistiche fino ad assurgere al valore di vera e impalpabile proteina culturale nell’ambito della rivoluzione estetica del modernismo, per poi ripiombare nel compiacimento esotico degli Anni Ruggenti. A partire dal culto dell’edonismo minuto tipico del rococò (con l’esaltazione dell’attrazione per il distante, distinto e diverso), l’illuminismo traghetterà i formulari genericamente orientalisti verso la ricerca di quella inventio che assicura alla cultura neoclassica più radicale un posto innegabile nel progresso verso una “nuova architettura”. La cultura architettonica occidentale registra fra i secoli XVIII e XX un ampio ventaglio di espressioni legate all’immaginario orientalista. Sia pure segmentato, e per fasi e manifestazioni discontinue, questo “sentire” intercetta puntualmente stagioni di transizione della cultura del progetto di età contemporanea. È in questo periodo che, sull’onda di un rilancio della volontà occidentale di dominio sul mondo, già manifestatasi in tarda età positivista, l’orientalismo torna alla ribalta nelle sue componenti più esteriori, anche per le sue implicazioni vitalistiche e la predisposizione alla contaminazione stilistica. Ancora il secondo dopoguerra assicurerà all’orientalismo una diversa presenza nell’ambito della più avanzata cultura del progetto, con esiti umanizzanti persino nell’oggettiva vocazione meccanicistica dell’International Style.