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LAURA RESTUCCIA

I due volti dell'America nelle novelle di Luigi Pirandello

Abstract

Di fronte al fenomeno emigratorio che ha condotto verso le Americhe migliaia di Italiani, gli intellettuali si sono divisi tra posizioni contrastanti alle quali ha fatto eco, in ambito letterario, un atteggiamento altrettanto contraddittorio. L’America, e in particolar modo gli Stati Uniti, incarnava, nel momento della giovanissima Italia liberale, la modernità compiuta e realizzata che faceva da contraltare ad un’Europa ancorata alla storia, alle tradizioni e ai valori culturali. Fra gli scrittori che sentirono il bisogno di raccontare questo macro-fenomeno sociale è Luigi Pirandello che, nelle sue novelle, afronta il tema da due punti di vista differenti scanditi cronologicamente sulla base di esperienza personali. In una prima fase che dagli inizi del Novecento arriva il 1923, data in cui egli compie il primo viaggio negli Stati Uniti, l’emigrazione, pur causa di dolore e lutto per chi resta, è vista come un’azione necessaria non soltanto per la sopravvivenza, ma anche e soprattutto come fuga dall’arretratezza culturale che asfissia il Paese e l’America rappresenta una grande occasione di riscatto per rompere l’immobilismo della nostra civiltà contadina. Nelle novelle più tarde e in special modo in quelle composte a ridosso del suo ultimo soggiorno negli Satti Uniti, nel 1935, non si tratta più di quel luogo di speranza che aveva “liberato” migliaia di Italiani dalla miseria e dall’arretratezza, ma di una società feroce che fagocita e allo stesso tempo annienta gli individui. Le ragioni di questo capovolgimento di opinione risiedono non soltanto nell’esperienza diretta maturata oltreoceano, oltre che nella sua seppur controversa ma mai abiurata scelta di fedeltà al fascismo, ma anche in una inversione di rotta degli Stati Uniti nei confronti degli Italiani che, già a partire dalla crisi del 1929, erano divenuti ufficialmente mal tollerati. È proprio in questa idea della società statunitense che si conferma e si riflette quella visione pessimistica dell’uomo borghese, soggetto insulso e livellato di una società solo apparentemente “felice”, espressione dell’apparire e portatore di maschere che solo gli “altri” possono vedere: una visione del mondo che in Pirandello non è certo nuova.