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CLAUDIA ROSCIGLIONE

Il collettivo secondo Margaret Gilbert: impegno congiunto ed soggetto plurale

Abstract

Quando possiamo considerare un insieme di individui un collettivo, un gruppo sociale? E' questa la domanda attorno a cui converge la riflessione che condurrò nelle pagine seguenti sul rapporto tra individui e collettività nel processo di formazione di quest'ultima. Oggi discutere di individuo e collettività significa discutere di ontologia sociale: quella branca della filosofia che si è sviluppata dagli anni '80 del secolo scorso fino ai giorni nostri e che si occupa di analizzare la realtà il cui artefice è l'uomo e che viene chiamata realtà sociale, poiché ha bisogno, almeno all'inizio, di un riconoscimento collettivo da parte di un gruppo più o meno ampio di soggetti. Dunque, come ci spiega bene John Searle, in generale l'ontologia sociale ha come oggetto di indagine quei fatti che nascono da un "human agreement" , ossia che per esistere hanno bisogno che gli uomini collettivamente credano che esistano e che li riconoscano come esistenti in modo performativo. In tale contesto, la nostra attenzione si soffermerà sulla proposta teorica della filosofa Margaret Gilbert che affronta proprio il tema dell'ontologia sociale già nel 1983 in uno dei suoi testi più importanti: On Social Facts . In particolare si intende vedere come la teoria del joint commitment e del plural subject della Gilbert si pone rispetto alla tensione interna all'espressione "individui come gruppo", dove i primi (gli individui) sono plurali e molteplici ed il secondo (il gruppo) è uno e singolare. Infatti, la filosofa si propone di superare sia l'idea che la dimensione collettiva sia sempre riducibile a quella individuale sia l'idea che la collettività sia un nuovo soggetto sovraindividuale dotato di una mente di gruppo all'interno del quale le individualità si dissolvono.