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ENNIO MINEO

Lo stato veneziano attraverso Machiavelli (a proposito di "Machiavelli e la crisi dello Stato veneziano")

Abstract

Nel 1974 Innocenzi Cervelli pubblica a Napoli il suo primo libro, dedicato alla crisi che sconvolge Venezia e il suo dominio di Terraferma all’inizio del Cinquecento. Il giovane studioso scelse di integrare nella ricostruzione dell’ambiente politico e intellettuale della laguna un’analisi di tutti i testi machiavelliani pertinenti: non solo le opere maggiori che affrontano esplicitamente il grande problema costituzionale che la Serenissima rappresenta agli occhi dei contemporanei, e dei fiorentini in particolare, ma anche gli scritti «di servizio» che rivelano lo sguardo acuto del Machiavelli ambasciatore, capace di percepire aspetti di Venezia preclusi a altri osservatori. Cervelli, che, come altri, si poneva alla fine degli anni ’60 del XX secolo il problema dello stato moderno, assumeva criticamente il punto di vista originale del segretario fiorentino, che osservava, ad esempio, la reazione che maturò nelle città e nelle comunità soggette a Venezia nei mesi successivi alla rovinosa sconfitta di Agnadello (14 maggio 1509). Il tema fondamentale non era più allora quello classico della stabilità di Venezia, ma piuttosto quello dello Stato veneziano, e il problema che Cervelli si poneva si ricollegava in modo originale alla sfida concettuale che l’esistenza stessa di Venezia come stato aveva posto a Machiavelli, ossia il «miracolo» di un «imperio» ottenuto senza armi proprie, e che regge all’impatto della sconfitta. In questione non era dunque la natura «repubblicana» della costituzione cittadina, ma la complessa, e precoce, forma «statuale» del dominio di Terraferma, dove la pluralità degli attori (dalle comunità rurali ai popolari e ai patriziati cittadini, al mondo dei gentiluomini della dominante), aveva potuto generare dinamiche impreviste subito dopo Agnadello, colte da Machiavelli piú lucidamente di altri protagonisti.