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MARIA GARRO

Operatori dell'educazione e omosessualità. Pregiudizi sessuali e nuove esigenze formative

  • Autori: Di Rienzo, G; Garro, M
  • Anno di pubblicazione: 2013
  • Tipologia: Altro
  • Parole Chiave: pregiudizi sessuali, omosessualità, omonegatività, formazione
  • OA Link: http://hdl.handle.net/10447/104676

Abstract

L'evoluzione del pensiero medico e la crescente visibilità delle persone gay e lesbiche non appaiono sufficienti per una concreta realizzazione dell'accettazione dell'omosessualità da parte dell'opinione pubblica. Il persistente pregiudizio sessuale, infatti, esorta a discriminare i soggetti alla luce dell'orientamento sessuale poiché induce a valutare negativamente coloro i quali violano sia i sistemi di credenze legate al genere sia, ancora, le opinioni condivise relative alla dicotomia mascolinità/femminilità. A supporto di quanto fin qui evidenziato, si propone l'esito di un'indagine avente come obiettivo l'analisi degli atteggiamenti degli operatori, in fieri e in divenire, delle relazioni di aiuto rispetto al genere e all'orientamento sessuale. All'indagine hanno partecipato 603 studenti iscritti ad alcuni Corsi di Laurea della di Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Palermo (Triennio e LM). L'analisi delle risposte fornite dagli stessi agli strumenti utilizzati – il Questionario sugli atteggiamenti degli studenti rispetto al sesso e al genere e la Scala Italiana di Misura dell'Omonegatività (Lingiardi et all, 2005) – restituisce il profilo di un operatore in formazione non scevro di pregiudizi; questi ultimi sono espressi, ad esempio, dal 44,11% che concorda con l’item Se scoprissi che un insegnante è gay toglierei mio figlio dalla sua classe, dal 41,46% che condivide che L’omosessualità è un disturbo psicologico e, ancora, dal 47,1% che non pensa che La differenza tra omosessualità maschile e pedofilia è netta (neutrale il 13,76%). I risultati esortano pertanto alla riflessione ma anche alla necessità di presentare modelli formativi capaci di offrire una visione plurale delle identità di genere. È opportuno, infatti, che gli operatori del sociale s’interroghino sui modi attraverso i quali l'essere umano si rappresenta la realtà, sui processi di categorizzazione, sui pregiudizi e sulla possibilità di modificarli. Si delinea quindi l'esigenza di strutturare un percorso formativo caratterizzato, oltre che per la trasmissione di conoscenze sul piano disciplinare, anche per l’attivazione di momenti laboratoriali, intesi come luoghi in cui poter veicolare apprendimenti fondati sull’esperienza e, quindi, significativi sul piano della conoscenza di sé. I laboratori consentirebbero di apprendere a un livello “meta”, capace di trasformare il proprio modo di essere, di destrutturare ciò che si è passivamente introiettato al fine di educarsi prima di poter educare l’altro.