Salta al contenuto principale
Passa alla visualizzazione normale.

GIUSEPPE DI CHIARA

Politiche della sicurezza e libertà personale dell’accusato tra incubazioni dell’insicurezza sociale e manovre reattive

Abstract

Gli strumenti restrittivi della libertà personale dell’accusato contrassegnano l’area che, più di ogni altra, assicura efficacia immediata all’intervento reattivo dello Stato a fronte di fenomeni criminali fomentatori di insicurezza sociale: è per questo che le politiche della sicurezza così di frequente adoperano in termini privilegiati questa leva. I costi possono, tuttavia, essere cospicui: scelte troppo disinvolte, propiziate da confusi interscambi tra sicurezza ed emergenza, finiscono - come non di rado è accaduto - per porre concretamente in crisi la centralità della presunzione di innocenza, conducendo a perniciosi corti circuiti tra finalità cautelari e scopi preventivi di tipo sostanziale, in quanto tali estranei ai meccanismi de libertate. Le vicende degli automatismi cautelari offrono, in tal senso, un illuminante banco di prova: intrisi di logiche securitarie, gli interventi novellistici d’urgenza sul corpo dell’art. 275, comma 3, c.p.p. che si sono succeduti fino alla vigilia della L. n. 47 del 2015 hanno innestato in sistema equivoci inaccettabili, sulle cui maglie sono stati inevitabili i numerosi interventi ortopedici della giurisprudenza costituzionale, che della modifica novellistica del 2015 hanno tracciato la via.