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ELISABETTA DI STEFANO

Orfeo Boselli e la “nobiltà” della scultura

Abstract

Orfeo Boselli, scultore, teorico e restauratore, non ha lasciato significativa traccia di sé in nessuno dei campi in cui ebbe modo di cimentarsi e persino delle sue vicende biografiche e della sua produzione artistica si hanno notizie frammentarie. Sebbene il suo nome compaia in diversi testi di critica d’arte, la sua figura scivola silenziosa nel panorama dell’estetica seicentesca e, a tutt’oggi, non esistono opere monografiche che valorizzino il ruolo, certamente non secondario, che questo scultore, considerato “minore” dagli storici dell’arte, svolse nel dibattito teorico del suo tempo. Le Osservazioni della scoltura antica si inseriscono nella tradizione avviata dai teorici del Quattrocento e volta a conferire valore intellettuale delle arti figurative attraverso l’assimilazione alle discipline liberali. La dimostrazione della “nobiltà” della scultura è lo scopo che Boselli persegue anche nella lezione recitata nel 1663 all’Accademia di San Luca, di cui faceva parte. Infatti ancora nel XVII secolo vigeva l’antico pregiudizio che svalutava la scultura rispetto alle altre due arti figurative, come dimostra il fatto che, nonostante gli altissimi risultati cui perviene la scultura barocca in particolare con Gian Lorenzo Bernini, le Osservazioni sono l’unico trattato del Seicento che affronti in modo monografico quest’arte nei suoi aspetti sia pratici sia teorici. Infatti accanto alle parti più tecniche, non mancano capitoli in cui Boselli si pone problemi di carattere estetico, come la teoria della bellezza ideale e le sue implicazioni con la nozione barocca di “meraviglia”, la figura dello “scultore dotto”, la rappresentazione artistica e i suoi rapporti con la “teoria degli affetti”. Le Osservazioni della scoltura antica contengono spunti di grande originalità: la riflessione sulla bellezza, pur ricollegandosi alla tradizionale teoria delle proporzioni, mostra interessanti punti di contatto con la dottrina dell’Idea di Giovan Pietro Bellori. All’interno di questa estetica idealizzante si pone la stessa definizione della scultura come “arte imitatrice delle cose più belle della natura”, un motivo che sarà ampiamente ripreso dai teorici francesi del XVII e del XVIII secolo. Ma soprattutto riveste particolare importanza la questione del restauro, considerato per la prima volta come professione autonoma e dotata di una propria dignità intellettuale.