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FABIO CARADONNA

La conservazione della biodiversità dei boschi nativi: un investimento in “salute genetica”

Abstract

Tutti i viventi sono fenotipicamente diversi fra loro e mostrano, anche all’interno della stessa specie, variabilità fenotipica che li rende peculiari e unici. Soltanto in uno scenario di grande diversità, infatti, è possibile distinguere un individuo da un altro e di conseguenza può essere asserito che l’unicità è la funzione della diversità, tanto per gli animali che per i vegetali. Queste differenze fenotipiche sottintendono, com’è ovvio, una differenza genotipica, una variabilità genetica che è la base della biodiversità all’interno di uno stesso genere. Prendendo in considerazione il genere Prosopis, ad esempio, un albero giudicato patrimonio boschivo in Argentina, possiamo asserire che sono presenti almeno 14 specie di questo genere che rappresentano un patrimonio notevole in termini di biodiversità da salvaguardare. La variabilità genetica è sostenuta dalla variabilità di sequenze del DNA degli individui la quale a sua volta è innescata da mutazioni genetiche appositamente selezionate, in termini di fitness, dall’ambiente in cui vive il soggetto. Individui diversi hanno diverse reazioni per stessi stimoli ambientali e quindi è ormai ampiamente riconosciuto che la biodiversità è il principale meccanismo usato dall’evoluzione per diversificare i viventi sul pianeta ed anche per dare agli individui di una stessa specie diverse possibilità di sopravvivere in caso di forti pressioni negative ambientali. La biodiversità è quindi una misura quantitativa della “salute genetica” di una specie, infatti, quanto più diversità essa ha al suo interno, tante più chances di sopravvivenza avrà in caso di ambiente ostile. Oggi è possibile rivelare questa biodiversità estraendo il DNA dell’individuo, amplificando specifiche sequenze (microsatelliti) e valutando le diversità alleliche per questi specifici loci. Per il genere Prosopis la ricerca è più avviata essendo stati pubblicati ad oggi 12 sequenze microsatellitari con cui misurare la specifica biodiversità; è quindi possibile fornire per questa specie, più che per altre del patrimonio boschivo argentino, l’informazione dello stato di salute genetica della specie per poter avviare, eventualmente, con congruo anticipo, protocolli di salvaguardia della biodiversità. Quando, infatti, una specie comincia a perdere biodiversità, per esempio per opera di attività antropiche dirette o indirette, inevitabilmente, generazione dopo generazione, sarà composta da individui con poche differenze genomiche e fenotipiche: questo riduce di molto la fitness degli individui e della specie in questione. Volendo schematizzare le conseguenze che ne scaturiranno, può essere detto che un’unica eventuale ostilità ambientale potrebbe estinguere la specie perché cagiona gli stessi fatali danni ad individui uguali che quindi non potranno che mostrare uguali debolezze. Conservare la biodiversità di qualunque vivente del pianeta è quindi un dovere biologico che tutti dobbiamo sentire come prioritario, specialmente se le specie in questioni sono alberi da bosco poiché questi rappresentano una garanzia di vita per moltissime altre specie, uomo incluso.