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SANTA GIUSEPPINA TUMMINELLI

“Ne usciremo migliori”: odio e hate speech durante la pandemia da Covid-19

Abstract

“Il mondo non sarà più lo stesso” è il monito che maggiormente è circolato durante la pandemia. Ed effettivamente il mondo è cambiato, le relazioni e gli equilibri si sono modificati. Anche il diritto alla salute, a livello internazionale, ha innescato discussioni e dibattiti, ad esempio sul diritto al vaccino: a chi somministrarlo? Quali Paesi hanno la priorità? Quali categorie sono maggiormente a rischio? Sulla obbligatorietà del vaccino e del green pass: il vaccino deve essere reso obbligatorio? Rendere obbligatorio il green pass lede la libertà individuale? Le domande sono sicuramente numerose e sono riconducibili sia al momento della diffusione pandemica sia alla fase attuale, ma anche alla costruzione di visioni future. La lettura di quanto è accaduto ha sicuramente valenze diverse e senza dubbio il Covid-19 ha esercitato impatti devastanti sulla collettività amplificando le disuguaglianze e, conseguenza alquanto problematica e preoccupante, ha esasperato i comportamenti razzisti e xenofobi esacerbando le tensioni. La condizione dell’altro come pericolo e come minaccia per il proprio status è stata aggravata dalla pandemia. Ed è proprio su questa paura che i movimenti populisti e sovranisti hanno fatto leva per alimentare le distanze, creare malcontento e contribuire a normalizzare l’odio. Ciò ha offerto l’immagine di una società sempre più debole e facilmente attaccabile non soltanto dal virus Covid-19, ma dai virus dell’intolleranza e dalle pratiche discriminatorie. In questa sede, l’attenzione non sarà rivolta all’analisi dei segnali di incoraggiamento, di solidarietà, di cooperazione, che sono stati diffusi durante il periodo pandemico, ma ai messaggi d’odio, soprattutto nei confronti dei migranti, che hanno alimentato i populismi di stampo nazionalista dividendo il Paese.