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SANTA GIUSEPPINA TUMMINELLI

Integrazione dei rifugiati: un percorso complesso

Abstract

Negli ultimi anni, le migrazioni sono rientrate tra i temi più dibattuti dall’opinione pubblica per le implicazioni che comportano a livello politico, economico, sociale e culturale. Per non parlare, poi, di tutti i problemi definitori che hanno innescato e per i dubbi, per gli errori epistemologici, per gli scontri e i conflitti che le categorie utilizzate (ad esempio, regolare/ irregolare, rifugiato/richiedente asilo) continuano ad alimentare.È come se le migrazioni fossero diventate, da una parte, un banco di prova sul quale le forze politiche alimentano gli scontri, per non arrivare, però, a soluzioni condivise; dall’altra, un capro espiatorio per giustificare le difficoltà che il Paese lamenta. È evidente che da tale scenario emerga sempre più spesso un divario tra la “realtà” e la sua “rappresentazione” che porta, ad esempio, a selezionare alcuni degli attori delle migrazioni, come i rifugiati, e a trascurare gli altri; a non riuscire a distinguere tra l’asilo e le migrazioni; a stabilire continuamente una graduatoria tra chi viene prima e chi viene dopo nell’accesso ai diritti e agli aiuti; a sostenere la retorica dell’“invasione ormai inarrestabile”, aggravata recentemente dalla convinzione che siano i migranti a veicolare il virus Covid-19. Tralasciando questi ultimi punti, la situazione diventa alquanto complessa quando si sposta l’attenzione sulla presenza dei rifugiati e sui processi d’integrazione che li coinvolgerebbero. Negli ultimi anni l’Italia ne ha fronteggiato i flussi in entrata sperimentando modalità diverse in base alle caratteristiche dei territori di arrivo. Nonostante ciò, come si accennava, il reale incremento numerico dell’immigrazione non è compatibile con l’immagine di un’invasione verso il nostro Paese.