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DARIO RUSSO

Un cubista del concetto

Abstract

Il design non si risolve più nell’oggetto “perfetto”, “assoluto”, fatto per durare nel tempo, tecnologicamente avanzato ed esteticamente pregno, com’è stato per gran parte del Novecento. Oggi, il principio commercialmente irrinunciabile dell’obsolescenza programmata dei prodotti impone che le cose debbano durare poco, il meno possibile, per essere più velocemente vendute e comprate. Il design dunque – la qualità progettata – si riduce a qualcosa di programmaticamente effimero: piccole cose pensate per durare poco, gadget. “La sigaretta è il prototipo perfetto di un piacere perfetto. È squisita e lascia insoddisfatti”, diceva Oscar Wilde. E proprio come la sigaretta, questi piccoli oggetti – che Andrea Branzi ha definito design «debole» – lasciano un po’ a desiderare, perché il desiderio è l’anima del commercio. Molti – troppi – prodotti traghettati all’interno del cosiddetto design «sono più gadget che oggetti veri e propri, con bassissimi livelli di servizio [...] che, attraverso la promessa del dono di una condizione permanente di piacere, non fanno altro che rappresentare e realizzare la stessa assenza del piacere stesso [...] È quello che Slavoj Zizek ha definito “godimento decaffeinato”, un godimento che è parvenza del godimento, imitazione del godimento. Qualche esempio? Beh, la e-sigaretta, la Coca Cola Light (o decaffeinata, o Coca Zero calorie), la Maionese Light, senza colesterolo, ecc.». Che senso ha? Una cosa la si fa o non la si fa: non ci sono scorciatoie per il piacere (materiale), neanche col design.