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DAVIDE PIACENTINO

Quali politiche per le economie rurali nell’era post Covid-19?

Abstract

n conseguenza dell’attuale emergenza sanitaria, le istituzioni nazionali e sovra-nazionali stanno approvando interventi per fronteggiare gli effetti drammatici attesi sull’ economia. In questo articolo, vogliamo porre l’attenzione su specifiche realtà che già vivevano una condizione marginale e che rischiano oggi la completa desertificazione: le economie rurali. La domanda che ci poniamo è: quali politiche possono agire con maggiore efficacia e tempestività sulle economie rurali? In questo periodo, diverse misure sono già state attuate a sostegno delle economie rurali da parte dalle autorità di gestione dei programmi di sviluppo rurale nelle diverse regioni italiane. È possibile, ad esempio, consultare un elenco di misure adottate e di progetti in via di realizzazione nella pagina web della Rete Rurale Nazionale (RRN, http://www.reterurale.it), così come in quella della Rete Europea per lo Sviluppo Rurale (ENRD, https://enrd.ec.europa.eu/news-events/news_en). Queste politiche mettono in atto interventi a sostegno, in prevalenza economico-finanziario, del sistema produttivo locale. Tuttavia, ci sentiamo di lanciare un segnale di allarme: non basta immettere liquidità nei sistemi produttivi locali. Vogliamo ricordare al riguardo una massima, che appare oggi di estrema attualità, con la quale i keynesiani esemplificarono la grande depressione degli inizi dello scorso secolo: «è possibile portare un cavallo all’abbeveratoio, ma non lo si può costringere a bere». Allora, per la prima volta, si parlò di “trappola della liquidità”. Quando la crisi è profonda, le aspettative degli attori economici sono così drammatiche che qualsiasi attività da intraprendere appare troppo rischiosa. All’investimento, qualsiasi esso sia, si preferisce sempre la liquidità, perché il rischio legato all’incertezza sul futuro appare sempre troppo elevato (Galimberti, 2014). In uno scenario drammatico come quello che stiamo oggi vivendo, gli animal spirits – espressione coniata da Keynes per indicare il complesso di emozioni istintive che guidano il comportamento umano, in generale, e quello imprenditoriale, in particolare – sono spaventati e preoccupati. Quell’insieme di forze e motivazioni, frutto di un comportamento istintivo e spontaneo, tra cui l’intuizione personale e l’ottimismo, oggi sono indebolite e si rischia di approdare in un atteggiamento mentale che in psicologia è definito “impotenza appresa”, ovvero decidere di non agire, perché qualunque azione sembra non portare a risultati positivi (Seligman, 2019). Tutto ciò risulta amplificato se consideriamo le economie rurali, ovvero realtà produttive che già prima dell’esplodere della pandemia vivevano sotto un costante rischio di marginalità e potenziale “impotenza appresa”. A nostro avviso, le politiche non dovrebbero oggi solo immettere liquidità, ma operare per una vera e propria “ricostruzione” dei sistemi produttivi locali. A tal fine, si dovrebbero predisporre strumenti di sviluppo locale che forniscano un sostegno sia economico-finanziario che psicologico e di coaching. In altri termini, non solo destinare le risorse a quanti vogliono investire e quindi “intraprendere” ancora, ma anche attivare processi di empowerment con il fine di raggiungere la consapevolezza che impegno e competenze personali possano continuare ad essere determinanti del “destino” degli individui (Rotter, 1954). Esistono già strumenti di sviluppo locale adatti a perseguire questi obiettivi nelle economie rurali? Sì, esistono e sono attuabili attraverso il lavoro dei Gruppi di Azione Locale (GAL, Reg. UE 1303/2013). Ad esempio, una rilevante opportunità può essere offerta dalle varie declinazioni della misura 16 dei PSR (Programmi di Sviluppo Rurale) regionali, misura anche presente nei singoli Piani di Azione Locale (PAL) dei GAL. In particolare, le sotto-misure 16.1-16.9 possono essere un supporto