Salta al contenuto principale
Passa alla visualizzazione normale.

ANTONIO PERRONE

LA QUESTIONE DEL CONTRADDITTORIO ENDOPROCEDIMENTALE TRIBUTARIO INNANZI ALLA CORTE COSTITUZIONALE: UN’OCCASIONE MANCATA

Abstract

I tempi potevano essere maturi per una decisa presa di posizione della Corte Costituzionale sulla tormentata questione del contraddittorio endoprocedimentale tributario. Anzi, un intervento dei Giudici della Consulta era certamente auspicabile, soprattutto dopo i dubbi e le perplessità che ha sollevato la sentenza n. 24823 del 2015, resa a Sez. Un. dalla Corte di Cassazione. La Corte Costituzionale avrebbe potuto meglio chiarire quanto già affermato nella sentenza n. 132 del 2015, circa una possibile portata espansiva di norme interne al nostro ordinamento che, lette alla luce dei principi eurounitari, potrebbero sancire l’immanenza di un diritto fondamentale del contribuente ad essere sentito nel procedimento di accertamento dei tributi. Le tre ordinanze con le quali la Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa, e le Commissioni Regionali della Campania e della Toscana, hanno sollevato, con censure almeno in parte coincidenti, questioni di costituzionalità concernenti la portata e l’applicazione del contraddittorio endoprocedimentale nella materia tributaria, avrebbero potuto, pertanto, rappresentare l’occasione per un intervento chiarificatore della Consulta. Quest’ultima, tuttavia, con argomentazioni che sarebbe difficile non condividere, non ha affrontato neanche incidentalmente la questione della portata del principio del contraddittorio endoprocedimentale tributario, ma ha dichiarato inammissibili le questioni sollevate. Ciononostante, le citate ordinanze costituiscono, anche per i temi in esse sollevati, lo spunto per una riflessione sull’attuale evoluzione (o involuzione) del principio in questione nel nostro ordinamento.