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GIORGIO MATTARELLA

Le Sezioni Unite si pronunciano sul requisito di forma di cui all'art. 23 t.u.f.: non è necessaria la sottoscrizione dell'intermediario finanziario

Abstract

Com’è noto, con ordinanza n. 10447 del 27 aprile 2017, commentata anche in questa rivista [1], la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione aveva rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione di massima: “se, a norma dell’art. 23 d.lgs. n. 58 del 1998, il requisito della forma scritta del contratto di investimento esiga, accanto a quella dell’investitore, anche la sottoscrizione ad substantiam dell’intermediario”. La questione, che si pone anche per l’analoga disposizione di cui all’art. 117 d.lgs. n.385 del 1993, è stata risolta stabilendo che “è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”. La soluzione adottata dalla Suprema Corte con la sentenza n. 898/2018 è condivisibile in termini di giustizia sostanziale [2], anche se la motivazione fornita non convince del tutto.