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GIULIA LETIZIA MAURO

OSTEOPOROSI, EPIDEMIA SILENZIOSA MA DALLE CONSEGUENZE INVALIDANTI

Abstract

Oggi, l’osteoporosi è tra le cause più frequenti di frattura nell’anziano. Si tratta di un disordine scheletrico cronico evolutivo che origina dalla perdita dell’equilibrio del metabolismo osseo, determinando un aumento della degenerazione quantitativa e qualitativa e, quindi, della sua fragilità. È una patologia che presenta un elevato numero di casi: basti pensare che, in Italia, ne sono affetti una donna su quattro e un uomo su sette. Vi sono vari fattori che possono predisporne l’insorgenza. Le donne sono maggiormente colpite dalla malattia in seguito alla menopausa, in quanto gli squilibri ormonali dovuti a questo evento provocano una perdita della stimolazione della produzione di massa ossea. Tra i fattori di rischio si ricordano: l’età, la familiarità, la dieta scorretta, lo stile di vita, la scarsa attività fisica, il fumo. Importante risulta anche l’impiego di cortisonici per periodi prolungati, in quanto rallentano il metabolismo osseo. Risulta di facile comprensione come la prevenzione dell’osteoporosi possa essere un’arma vincente nel bloccare o rallentare la sua insorgenza. È molto utile integrare il proprio stile di vita con l’attività fisica. Bisogna anche regolare l’alimentazione, favorendo una dieta ricca di calcio. Effetti benefici si hanno anche dall’esposizione al sole: i raggi solari stimolano l’organismo a produrre la vitamina D, di fondamentale importanza per il metabolismo del calcio. Per le donne, è basilare eseguire, nel periodo perimenopausale, una valutazione complessiva della struttura ossea, attraverso un esame clinico seguito da una densitometria e da un controllo degli indici ematici cosiddetti di rimaneggiamento osseo. In tal modo, il fisiatra riesce ad avere un quadro completo della struttura scheletrica e quindi ad attuare un piano di prevenzione o di cura idoneo per ogni paziente. L’iter terapeutico prevede una sinergia di azione tra il trattamento farmacologico e quello riabilitativo. Ad oggi, esistono in commercio numerose molecole utili per la gestione di tale affezione nei diversi stadi. L’importanza dell’esercizio terapeutico nel trattamento integrato dell’osteoporosi deriva dal fatto che produce sul tessuto osseo effetti metabolici positivi. Le forze di trazione e di compressione e quindi le sollecitazioni biomeccaniche del movimento a cui il tessuto osseo è sottoposto, stimolano, attraverso il cosiddetto effetto piezoelettrico, la capacità rigenerativa che consiste nella possibilità dell’osso di ricaricarsi elettricamente. È necessario, dunque, per rallentare la perdita ossea involutiva, programmare protocolli terapeutici differenziati di movimento. Nelle fasi iniziali del trattamento, vengono insegnati concetti di base per ottenere un buon rilasciamento muscolare. Viene, inoltre, favorita la conoscenza del proprio schema corporeo, dei difetti posturali e dei compensi in atto. Gli esercizi devono essere abbastanza vari e facilmente eseguibili, senza bisogno di apparecchiature ed attrezzature sofisticate, in modo da assicurare un buon adattamento del soggetto, sia giovane sia anziano. Il paziente eseguirà l’esercizio terapeutico lentamente, garantendo l’integrità anatomica delle strutture: i movimenti bruschi e rapidi devono essere evitati, in quanto un segmento scheletrico osteoporotico potrebbe improvvisamente cedere, determinando fratture. Indispensabile è, inoltre, l’apprendimento di esercizi mirati al miglioramento dell’equilibrio, fondamentali per la prevenzione di cadute e, quindi, di traumi potenzialmente fratturativi. È opportuno consigliare la prosecuzione di alcuni schemi di movimento anche a domicilio. Si suggeriscono, poi, cyclette e lunghe passeggiate; lo jogging è consentito soltanto ai soggetti le cui condizioni generali lo permettono. I pazienti affetti da osteoporosi di lieve e media gravità assoceranno anche la terapia fisica con metodiche strumentali comp