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SERENA GIUNTA

La supervisione: strumento di formazione continua per operatori di Comunità Terapeutiche Assistite.

Abstract

lavoro nelle organizzazioni sociali si presenta oggi complesso e oltremodo denso di criticità. La trasformazione dei quadri di riferimento normativi, la complessità socio-politica e le difficoltà legate agli specifici interventi incidono profondamente sui gruppi di lavoro che o-perano nel sociale, incrementando la già diffusa necessità di essere supportati. Il seguente lavo-ro, a tal fine, terrà fortemente in considerazione la ricchezza e la pluralità dei bisogni che gli operatori del sociale (cooperative, comunità, ecc.) esprimono, rimandando ad un’idea di “cura del loro sviluppo e della loro funzione” complessa e variegata (Basaglia, 1968). È in questa pro-spettiva che lo strumento della supervisione, nato all’interno della tradizione psicoanalitica qua-le mezzo di formazione dell’allievo psicoanalista (Grinberg, 1989), si inserisce come azione di accompagnamento e supporto volta a facilitare il raggiungimento delle funzioni e degli obiettivi attraverso la rielaborazione dei vissuti e l’analisi dei processi attuati. Si vuole proporre una vi-sione d'insieme sullo stato dell'arte degli studi in Italia sulla tematica della supervisione e sull’importanza che tale strumento riveste all’interno di specifici contesti di cura come quello della Comunità Terapeutica. La supervisione, infatti, pur conservando tutt’oggi la funzione ori-ginaria, assume progressivamente una pluralità di compiti e funzioni legati ai diversi ambiti del-la cura. In Italia, in particolare, la riflessione sul significato, l’utilità e le forme della supervisione istituzionale si è avviata con la chiusura dei manicomi, laddove le nuove modalità di cura nel territorio (comunità residenziali, centri diurni, ecc.) hanno indotto i curanti alla richiesta di su-pervisioni sia per facilitare la comprensione e la gestione di situazioni sconosciute, che per promuovere lo sviluppo di nuovi programmi terapeutici. La supervisione riguarda il funzionamento del dispositivo terapeutico e la protezione dello stesso rispetto ad una pluralità di problemi che potrebbero alimentare (nel terapeuta o nel gruppo curante) il blocco della capacità di pensare e lavorare impedendo pertanto la riorganiz-zazione del dispositivo terapeutico stesso. Pertanto, se l’obiettivo del lavoro di cura è risponde-re alle esigenze dell’utenza ed offrire servizi quanto più possibile efficaci ed efficienti, la valuta-zione dei servizi, ed in particolare della supervisione, quale aspetto di “auto-osservazione e ri-modulazione” del dispositivo curante, permette di creare un dialogo tra la ricerca e la clinica, di interrogarsi sui modi e i fini del lavoro di cura, sui suoi rischi iatrogeni al fine di ottimizzare metodi e risultati dell’intervento terapeutico, migliorare il rapporto costi-tempi/benefici, innal-zare il livello della qualità professionale incrementando, così, la soddisfazione personale.