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MARIA CARMEN GENOVESE

Istanze biotine in Sicilia tra storia, restauro e modernismo e il caso del restauro del castello di Mussomeli

  • Autori: Scaduto, Rosario; Genovese, Carmen; Piazza, Gioacchino
  • Anno di pubblicazione: 2018
  • Tipologia: Capitolo o Saggio (Capitolo o saggio)
  • OA Link: http://hdl.handle.net/10447/291434

Abstract

In Sicilia l’influenza di Camillo Boito nella cultura architettonica tra Ottocento e Novecento si delinea secondo l’inscindibile intreccio tra restauro, studi storici e progetto del nuovo, connubio vivo, d’altronde, nella figura stessa dello studioso. Oltre che alla notorietà del suo pensiero, l’influenza di Boito nella cultura siciliana si deve anche al suo coinvolgimento nell’ambito di alcune specifiche vicende siciliane. Infatti, per la nuova organizzazione centralizzata della tutela del Ministero della Pubblica Istruzione, alla fine dell’Ottocento, egli si recò più volte in Sicilia come membro di Commissioni ministeriali a dirimere varie questioni nate intorno al restauro di importanti monumenti, come il palazzo Chiaramonte a Palermo, il palazzo della Giudecca a Trapani e la Badiazza a Messina. Inoltre con alcune figure che dominano la scena siciliana tra XIX e inizi del XX sec., come Antonino Salinas, Ernesto Basile e Giuseppe Patricolo, Boito si confrontò più volte in quanto membro di commissioni di concorsi di architettura o nell’ambito di vicende legate al restauro di monumenti. Non si dimentichi che i suoi puntuali ragionamenti confluiti in Architettura del Medio Evo in Italia sull’arte siciliana, da lui singolarmente definita «romano-bisantino-arabo-normanno-sicula» e la conseguente conferma, in ambito nazionale, dell’importanza di questa arte per la definizione dell’arte veneta e dunque di quella nazionale, influirono senz’altro nel dibattito sullo stile e nella cultura progettuale dell’isola che, guardando ai modelli operativi offerti da Boito e i suoi allievi, come Beltrami, D’Andrade e Moretti, sfociarono nell’opera di Ernesto Basile e dei suoi allievi, come Francesco Fichera, Saverio Frangipane, Salvatore Benfratello e lo stesso Ernesto Armò. A partire da Ernesto Basile tali figure, esponenti a vario titolo del modernismo, si distinsero anche per ampi contributi alla storia dell’architettura e dello stile siciliano, oltre che al dibattito ed alla prassi del restauro dei monumenti, secondo quell’inscindibile connubio già citato. A dimostrazione di tale sfaccettata impostazione culturale e professionale, il saggio vuole indagare anche la figura di Ernesto Armò (1867-1924), nativo di Palermo, ma di formazione torinese. Egli mostra infatti di recepire anche gli insegnamenti derivati da Boito e più in generale dall’ambiente culturale europeo. Alla fine dell’Ottocento in Sicilia, attraverso l’Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti, diretto da Giuseppe Patricolo, si perpetuava il restauro stilistico delle antiche fabbriche normanne, con la coda di polemiche e attente ispezioni effettuate dal Ministero della Pubblica Istruzione. Invece lo studio documentario e gli interventi di restauro, portati a compimento nel 1909 dall’arch. Armò del castello di Mussomeli, in provincia di Caltanissetta, costituiscono l’occasione per riscontrare da un lato i dettami contenuti nel regio decreto e circolare del Ministero della Pubblica Istruzione del 21 luglio 1882 sui Restauri degli edifizi monumentali, ma anche per intravedere le massime, ad emendamento, delle norme prima indicate, presentate da Camillo Boito, in qualità di presidente della sezione sui restauri, del IV Congresso degli Ingegneri e Architetti, tenutosi a Roma nel gennaio del 1883. La scelta del caso studio del castello di Mussomeli si giustifica anche perché il tema del restauro castellologico fu tra i terreni più fertili in cui esercitare e far manifestare l’ideale stilistico medievale nelle varie regioni, e dunque ben si prestò, anche in Sicilia, all’applicazione delle teorie boitiane sullo stile, di volta in volta oggetto sia di riprogettazione che di conservazione dell’esistente. Il saggio proposto vuole essere un contributo sulle peculiarità, i principi e varietà delle posizioni culturali espresse nell’intervento dell’Armò, nel restauro del ca