Salta al contenuto principale
Passa alla visualizzazione normale.

MONICA DE CESARE

Crateri-cinerari figurati in Sicilia:immagini, rito e credenze religiose

  • Autori: DE CESARE, M
  • Anno di pubblicazione: 2007
  • Tipologia: Articolo in rivista (Articolo in rivista)
  • Parole Chiave: ceramica figurata, necropoli siceliote, Dioniso
  • OA Link: http://hdl.handle.net/10447/19934

Abstract

La dialettica tra sfera del vino e sfera della morte caratterizza le culture occidentali, greche, anelleniche e grecizzate, e si configura quasi come elemento identificativo di alcuni contesti socio-culturali di frontiera. La netta opposizione tra simposio e ambito funerario, che distingue l’ambiente greco, si trasforma nelle comunità etrusche, italiche e coloniali dinamica associazione ricca di sottesi valori simbolici ed escatologici. La tematica, pur essendo già esplorata, viene ripresa in tale contributo, nel quale si suggeriscono nuovi accorpamenti e letture combinate di documenti, che nel loro insieme, seppure disomogeneo, possono contribuire a spiegare fenomeni di devianze all’interno di comuni pratiche sociali, quali i modi di sepoltura. Partendo dal monumentale cratere a volute attico del Pittore dei Niobidi, proveniente da una tomba ad incinerazione geloa, si indaga il rito della cremazione secondaria entro cratere in tutti i contesti funerari siciliani di età tardo-arcaica e classica, tentando di interpretare il fenomeno, noto anche in ambiente magnogreco, in rapporto con altre testimonianze di un uso dell’ideologia del simposio e dunque del suo elemento centrale, il cratere, in ambito sepolcrale. Le scene raffigurate sui vasi e le modalità d’uso del vaso-contenitore del defunto sembrano suggerire credenze escatologiche alla base di tale rituale, laddove il cratere e il vino che ad esso si associa sembrerebbero svolgere il ruolo di tramite con il mondo dell’aldilà. I riferimenti all’esperienza del vino quale fonte di conoscenza e alla sfera dionisiaca ricordano inoltre analoghe forme di “risposta individuale alla morte” diversamente espresse attraverso la scelta degli elementi connotanti la sepoltura. Tra questi, vi è in primo luogo la famosa Tomba del Tuffatore di Paestum: per quanto diversi i rituali di sepoltura, gli oggetti, le immagini e la simbologia scelti dal defunto (e/o da coloro che hanno provveduto alla sua sepoltura) per esprimere il proprio orientamento ideologico ed il messaggio che si vuole trasmettere tramite di essi, riconducono infatti ad un analogo ambito semantico, ad una “fede” escatologica collegata con il dionisismo, ad una forma di credo che richiama ambiti misterici e iniziatici. Si ricostruisce un contesto nel quale gli incinerati entro cratere risultano esponenti di una società che non si qualifica più unicamente attraverso il valore atletico-militare ed il banchetto; l’oinos diviene nel corso del V secolo da privilegio da esibire dell’aner politikos, esperienza collettiva e segno di status, a strumento privilegiato di conoscenza per il singolo, nell’ambito di nuove realtà religiose. Si possono valutare in tal modo, in una nuova ottica corretta, l’anomala associazione all’interno dei medesimi contesti sepolcrali di forme di ritualità funerarie diverse, ma anche dissonanze tra costumi funerari omogenei ideologicamente, seppur distanti geograficamente e non convenzionali nell’ambito di una comune pratica rituale, quali appunto l’incinerazione nel cratere del Pittore dei Niobidi di Gela e la tomba del Tuffatore, di poco precedente, dove già si riscontra un completo abbandono di qualsiasi forma di allusione all’arete del morto in funzione eroizzante a favore di orizzonti religiosi-cultuali del singolo defunto. Si tratta delle prime forme di un dionisismo colto ed elitario, improntato a credenze salvifiche, che conoscerà maggiore consenso in espressioni più dichiaratamente misteriche e iniziatiche in età tardo-classica ed ellenistica sfociando nelle meglio note forme associative di religione bacchica messe al bando dal famoso senatus consultum de Bacchanalibus.