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ALESSANDRO DI VITA

Kairós. Un tempo nel mezzo. Percorso multidisciplinare di analisi dell’esperienza di assistenza ai pazienti oncologici terminali

Abstract

La concezione personalistica cristiana permette una corretta visione antropologi- ca ed etica che fonda le riflessioni delle scienze umane (sociologia, psicologia, pedagogia, scienze della comunicazione) che vogliono analizzare le situazioni in cui versano il paziente oncologico terminale, i suoi familiari e coloro che si occupano dell’attività di assistenza clinico-sanitaria, sociale e volontaria. Se- condo tale concezione, la “persona” è un’unità inscindibile di corpo, psiche e spirito, di sesso maschile e femminile, destinata a una dimensione trascendente e ultraterrena dell’essere. La persona ammalata di cancro, in questa visione, non può essere ridotta a mero agglomerato psicofisico, a un individuo o a un essere umano che ha perso qualcosa di essenziale di sé a causa di una grave malattia. La persona umana è più della sua malattia, la sua ricchezza d’essere eccede di gran lunga il suo possibile stato di infermità. Essa non è mai riducibile alla sua malat- tia: questo è il motivo principale per cui il paziente va trattato come persona fino al momento della morte. Sulla scorta di tali convinzioni, si profila un compito alquanto delicato ed esigente per gli operatori professionali e per i volontari che vogliono assistere autenticamente i pazienti oncologici terminali fino al decesso, e i loro parenti anche nel post-mortem favorendo un’adeguata elaborazione del lutto. Ciò, per loro, non può realizzarsi senza una costante formazione umanistica finaliz- zata all’acquisizione di precise competenze morali, affettive e relazionali, e senza un continuo confronto orientato al superamento dei limiti personali.