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ROSARIA CANCILA

La questione dei diritti signorili in Sicilia a fine Settecento

Abstract

A partire dagli anni Ottanta del Settecento il governo borbonico si fece in Sicilia promotore di una serie di provvedimenti incentrati sul problema dell’assetto fondiario nel regno allo scopo di favorire la formazione di una piccola proprietà e il miglioramento dell’agricoltura, sua vera ricchezza. Uno dei più rilevanti fronti di intervento aperto dal viceré Caracciolo fu quello volto alla limitazione dei vincoli feudali e dell’insieme dei diritti proibitivi e angarici, posseduti dal baronaggio per consuetudine, che costituivano ancora in pieno Settecento una sopravvivenza di una certa consistenza dell’antica servitù della gleba. A partire dalle norme volte a regolamentare l’esercizio della mano baronale fu mosso un duro attacco al potere feudale nelle campagne e alimentato un dibattito in cui la propaganda baronale prese parte attiva, avviando un processo di trasformazione senza fratture, di cui la Costituzione del 1812 rappresentò unasoluzione di commistione e di compromesso tra vecchio e nuovo.