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ROBERTO CHIARELLI

L'embrione di riccio di mare come modello di studio dell'autofagia indotta da stress

  • Autori: Chiarelli, R; Agnello, M; Morici, G; Roccheri MC
  • Anno di pubblicazione: 2011
  • Tipologia: eedings
  • Parole Chiave: Autofagia, embrioni, riccio di mare, cadmio, stress
  • OA Link: http://hdl.handle.net/10447/54467

Abstract

Gli embrioni di riccio di mare, Paracentrotus lividus, sono in grado di attivare differenti strategie di difesa come risposta a stress chimico/fisici. Recentemente abbiamo dimostrato che il cadmio, metallo pesante altamente embriotossico, induce la sintesi di specifiche hsps e/o l’innesco di processi apoptotici, via via che si accumula nelle cellule embrionali. Nel presente lavoro, mostriamo che gli embrioni di P. lividus sono in grado di attivare l’autofagia come un aggiuntivo meccanismo atto a salvaguardare il programma di sviluppo, in seguito a esposizione a dosi citotossiche di CdCl2. L’autofagia è un meccanismo molecolare che può stimolare la sopravvivenza, attraverso la degradazione e il riciclo di macromolecole e organelli o, alternativamente, la morte cellulare. Inoltre, è stato riportato che l’autofagia svolge un ruolo cruciale durante l’embriogenesi di alcuni organismi. Pertanto, le cellule multipotenti degli embrioni di echinodermi possono rappresentare un idoneo modello sperimentale per lo studio di questo processo. Diverse metodologie, qui di seguito riportate, sono state utilizzate per verificare l’induzione di processi autofagici in embrioni esposti a cadmio. Mediante saggi vitali con Neutral Red, sono stati evidenziati elevati livelli di organelli vescicolari acidi (AVOs), probabili autolisosomi. Analoghi risultati sono stati ottenuti mediante saggi vitali con Acridina Orange e microscopia confocale a scansione laser (CLSM); quest’ultima ha consentito di rilevare specifiche disposizioni spaziali nella localizzazione degli AVOs. L’induzione dell’autofagia è stata confermata mediante l’impiego di bafilomicina A1, uno specifico inibitore di questo processo. Questi dati sono stati rafforzati analizzando i livelli della proteina LC3, sicuro marker dell’autofagia, attraverso Western blotting e immunofluorescenza in situ. I risultati di queste indagini hanno evidenziato che gli embrioni di P. lividus sono in grado di attivare significativi processi autofagici in condizioni di stress da cadmio, in una fase temporale che precede la risposta apoptotica massiva. Inoltre, livelli autofagici basali sono stati evidenziati durante lo sviluppo fisiologico. In conclusione si può ipotizzare che l’autofagia svolga un ruolo fondamentale nella sopravvivenza cellulare, allo scopo di salvaguardare il programma di sviluppo o, in alternativa, possa servire a fornire l’ATP necessario a sostenere il processo apoptotico e/o operi la clearance dei corpi apoptotici.