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MAURIZIO CARTA

Città e comunità aumentate del neoantropocene

Abstract

Il futuro dell'urbanistica – in quanto disciplina tecnica e forma dell'habitat umano – ha bisogno di una innovazione dirompente dei paradigmi, una esplosione di sperimentazioni e una continua revisione delle abitudini radicate. Negli ultimi decenni l'urbanistica più conformista – con alcuni, inascoltati, critici – è stata troppo impegnata a cementificare la natura, ad aumentare le emissioni di gas serra e a consumare risorse naturali e culturali, invece di sviluppare strategie urbane e umane più sensate, integrate e proattive. Ma i tempi sono cambiati, perché stiamo attraversando una profonda metamorfosi: di paradigmi (sempre più basati sulla conoscenza), di orizzonti (orientati all'ecologia) e di stili di vita (guidati dalla cooperazione). La Rivoluzione Industriale ci ha fatto entrare nell’Antropocene, l'era di un massiccio impatto delle attività umane sul pianeta, in grado di destabilizzare i sistemi naturali della Terra, con gravi conseguenze sugli insediamenti umani, drammaticamente accelerate dallo sviluppo industriale dal Secondo Dopoguerra. Ci rimane solo l’estinzione? O, come sostengono Rockström e Klum, l'Antropocene non significa solo un'insostenibile impronta umana che grava sulla terra, ma forse – se sappiamo coglierle – abbiamo opportunità senza precedenti di navigare in un “buon Antropocene”, condividendo il profondo cambiamento del nostro modo di pensare rispetto alla conservazione dell’ambiente, riscoprendo valori comuni e assumendo la responsabilità di essere buoni e rispettosi “amministratori planetari”.