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IGNAZIO BUTTITTA

Pani cerimoniali e tavole rituali in Sicilia

Abstract

Il pane di frumento è stato per secoli elemento costitutivo e qualificante delle mense aristocratiche e contadine della Sicilia. Esito concreto di un ciclo stagionale di lavoro, il pane è stato considerato, il cibo per eccellenza, cibo sacro. I gesti che ne precedevano e accompagnavano la preparazione e il consumo erano ritualizzati e pregni di significati trascendenti il puro atto della nutrizione. Stante il fortissimo valore simbolico da esso detenuto non sorprende che offerte e consumi collettivi di pane siano tutt’oggi attestati in numerosissime feste religiose. I pani preparati in queste occasioni non sono quelli di tutti i giorni. Essi presentano peculiari morfologie e vengono preparati secondo procedure volte a rimarcare la dimensione altra del tempo festivo rispetto al feriale. Per tale ragione le diverse tipologie di pane divengono segno imprescindibile, elemento costitutivo e funzionale, di ciascuna specifica celebrazione. Il pane festivo, distribuito, spezzato, mangiato, diviene così, a un tempo, segno di una devozione, simbolo della comunità, strumento di comunicazione tra gli uomini e tra gli uomini e il Santo celebrato. La circolazione e l’abbondanza degli alimenti, infatti, da un lato riproducono e consolidano le catene di alleanze interpersonali e comunitarie dall’altro veicolano significati legati funzionalmente alla vita e alla rinascita. Tale visione del mondo, propria delle civiltà agro-pastorali, è specialmente visibile nelle cerimonie dedicate a San Giuseppe, i cui elementi caratterizzanti sono, appunto, i pani plasticamente lavorati disposti sugli “altari”, le “tavole” e le “mense” destinati ad essere ritualmente consumati dalla “Sacra Famiglia”, dagli “Apostoli”, dai Virgineddi, destinati cioè ad essere offerti e condivisi con i rappresentanti di quella dimensione trascendente da cui si ritiene dipendano, al di là di ogni impegno umano, i cicli vitali e il benessere comunitario.