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IGNAZIA MARIA BARTHOLINI

“GENDER NEUTRALITY” E “GENDER SEGREGATION” IN UNA PROFESSIONE TRADIZIONALMENTE FEMMINILE

Abstract

L’ingresso progressivo delle donne nel mondo del lavoro è stato accompagnato da una sostanziale “gender segregation”, che si evidenzia soprattutto in talune professioni di cura, fra cui quella dell’assistente sociale. Secondo l’autrice, non si è trattato solo, nel XX secolo, di separare foucultianamente le professioni maschili da quelle femminili, favorendo di fatto un ingresso di “genere” alle professioni, quanto di imporre un modello culturale e un habitus comportamentale “ gender neutrality” alle lavoratrici e alle professioniste. L’autrice individua una possibile causa dell’imposizione del modello “gender neutral” in un retaggio culturale “positivista e razionalista”, volto a sminuire ‒ e spesso a mortificare ‒ il lessico emotivo del femminile in ambito professionale, imponendo di fatto un “male domination” (Bourdieu 1998). Al fine di documentare tale tesi, l’autrice, oltre a basarsi su recenti ricerche sociologiche, fa riferimento ai dati Istat sull’occupazione femminile in Italia degli ultimi anni. Confronta poi tali percentuali con quelle ricavate dagli iscritti all’Ordine professionale, nazionale e regionale, degli Assistenti Sociali nell’ultimo quindicennio, per verificare e, in ultimo, confermare come le donne siano ancora massicciamente presenti in un professioni tradizionalmente femminili come il “Social worker”. Dati, questi ultimi, che sembrerebbero avvalorare ulteriormente la tesi di una “gender segregation” ancora fortemente radicata nella cultura nazionale, malgrado l’accesso bipartisan alle professioni.