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EMILIO BADALAMENTI

Boschi di neoformazione in Italia: approfondimenti conoscitivi e orientamenti gestionali

  • Autori: Ferretti, F.; Alberti, G.; Badalamenti, E.; Campagnaro, T.; Corona, P.; Garbarino, M.; La Mantia, T.; Malandra, F.; Maresi, G.; Morresi, D.; Piermattei, A.; Pividori, M.; Romano, R.; Salvadori, C.; Sibona, E.; da Silveira Bueno, R.; Sitzia, T.; Urbinati, C.; Vitali, A.; Pelleri, F.
  • Anno di pubblicazione: 2019
  • Tipologia: Monografia
  • OA Link: http://hdl.handle.net/10447/366743

Abstract

Nelle regioni meridionali, e in Sicilia in particolare, la fisionomia della vegetazione forestale post-abbandono è quella della macchia o arbusteto che difficilmente evolve verso un bosco propriamente detto. Il processo evolutivo della vegetazione spesso non raggiunge lo stadio di bosco non perché le condizioni ambientali non lo consentano ma per due ragioni fondamentali: i disturbi, in particolare gli incendi e il pascolo, e le limitazioni nell’arrivo di propaguli, causate dalla mancanza di piante madri, dei dispersori dei semi o entrambi. Infatti, in contesti favorevoli (assenza di disturbi e arrivo dei propaguli) la vegetazione evolve sino al bosco. Le formazioni preforestali frutto dei processi di successione secondaria occupano superfici significative e sono conseguenza del fenomeno dell’abbandono dell’agricoltura iniziato alla seconda metà del secolo scorso e che ha interessato tutta l’Europa. Alcune azioni per ridurre i fattori negativi ed esaltare invece i vantaggi ambientali sono possibili per i boschi degli ambienti mediterranei. Tra queste, la trasformazione dei boschi di neoformazione in sistemi agroforestali, e più propriamente silvopastorali, utilizzando la parte aerea delle specie arboree e arbustive e mantenendo piccoli nuclei di specie spontanee utili alla fauna selvatica (a esempio, specie con frutti carnosi) senza lasciare che esse dominino la vegetazione erbacea. Ciò consentirebbe una valorizzazione delle superfici innanzitutto come pascoli, ma non si esclude l’utilizzazione come legna da ardere della componente arborea e, in certi casi, dei prodotti ottenibili (a esempio, manna, mandorle, carrube, nocciole). Altra possibilità per non disperdere i vantaggi consisterebbe nel mettere a coltura gli ex coltivi adottando tecniche alternative che non disperdano il carbonio accumulato. Su questo aspetto esistono già esperienze: ciò potrebbe inoltre ridurre la conflittualità tra gli enti gestori delle aree protette, restii a consentire un ritorno alla coltivazione, e gli agricoltori nonché i sostenitori della necessità di tutelare i paesaggi agrari.