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“La scomparsa di Mario Palazzo Adriano, scienziato e medico di tutta Palermo” di Adelfio Elio Cardinale

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«Ringrazio il Magnifico Rettore prof. Massimo Midiri per avermi chiesto di ricordare il prof. Mario Palazzo Adriano, scomparso -pochi mesi dopo avere compiuto 90 anni – il 14 luglio per un malore mentre faceva il bagno nella sua amata Marinalonga, dove cercava sempre un po’ di meritato riposo. Una morte improvvisa.
È difficile ricordare una figura alta e complessa come Palazzo Adriano, anche perché le nostre due esistenze si sono ripetutamente incontrate, come convergenze parallele.
Feci con lui esami di Farmacologia, quando egli era Aiuto nella grande Scuola di Pietro Benigno.
Poi diventammo colleghi in quanto entrambi Ordinari e, quindi, fui suo Preside di Facoltà per diversi anni. Ma – è questa la cosa più importante – fummo amici ed egli mio medico curante, per oltre 50 anni.
Un antico proverbio afferma che la morte di un vecchio sapiente equivale al rogo di una biblioteca.
Questa affermazione vale a pieno per Mario Palazzo Adriano.
Quando tu soffri la morte altrui come un’assenza importante, come una menomazione che strappa una parte di te, è perché la morte ha portato con sé la tua parte che a quella altrui era stata affidata. Tu non piangi solo la persona scomparsa, ma la scheggia di te che andrà sepolta con lui.
Come il mitico Nestore – vecchio ma dotato di meravigliosa energia – è stato il patriarca saggio, buon consigliere, sapiente, dotto di scienza, ma ad un tempo, fu sempre ispirato da un possente spirito d’Ulisse, capace di avventurarsi, con curiosità e coraggio, su sentieri ignoti, vivendo l’odissea della scienza e dell’intelligenza fra successi e sconfitte.
Da tempo mi ero abituato, ci eravamo abituati, all’idea che fosse immortale: ci è di conforto il sapere che si è incamminato verso la dimora definitiva, la grande vacanza di Gesualdo Bufalino.
Per quanto riguarda la stima di cui godeva in città – oltre al messaggio del Sindaco Prof. Lagalla pieno di verità e malinconia – basta guardare la folla assai numerosa accorsa per il suo funerale in chiesa.
Questo accadimento testimonia la natura dell’uomo. È, infatti, evento rarissimo la compartecipazione numerosa per la scomparsa di una persona che da 2 decenni non ricopriva alcuna carica pubblica o istituzionale.
Esistono figure che, pur non occupando alcuna posizione ufficiale, con la sola autorità di un magistero rigoroso, sono in grado di offrire alti punti di riferimento etico e culturale e di imporsi alle coscienze. Mario è stato una di queste personalità.

Il prof. Palazzo Adriano è stato un rigoroso scienziato. Sperimentò vasti settori della Farmacologia e Farmacoterapia, per dedicarsi con acribia all’azione di farmaci sull’apparato cardio-vascolare e genito-urinario.
Ma per decenni è stato, per definizione, il medico di Palermo. Clinico completo, in quanto per molti anni frequentò l’Istituto del Prof. Giuseppe Schirosa, eminente clinico medico e innovatore nella cardiologia accademica, con rinomanza sovranazionale.
Ricorrevano alle sue diagnosi e terapie la blasonata aristocrazia, la borghesia delle arti, professioni e commerci, oltre gli stessi medici infermi.
Si aggiornava sempre con voracità, sui progressi della scienza medica.
Fu sempre modesto e privo di bulimia da palcoscenico o proscenio.
Era chiaro nella sua mente il canone logico che il clinico deve essere sgombro da pregiudizi, attento ai fenomeni – che palpa, scruta, ascolta, percepisce – per cercare di comprendere.
Un vero e proprio duello tra la nascosta malattia e l’intelletto del medico.
La cura degli infermi era per lui una religione laica, che fa del lavoro una seconda natura.
Il medico buono sempre disponibile.
Non concepì mai la medicina senza valori spirituali.
L’uomo malato non è solo un complesso di atomi e molecole nella sua visione.
Praticò sempre la medicina umana.
Per decenni il suo mitico studio professionale di via Milano 7 fu frequentato da un flusso di pazienti.
Maestro di medicina e di vita, è diventato un faro per i tanti allievi e un’eredità umana e professionale per i medici.
Un missionario medico laico.
Indifferente al denaro, le sue parcelle erano minime; se il malato era indigente la visita era gratuita.
Anche dopo la pensione, con la sua macchinetta 126 guidata da un autista, fu sempre al servizio dei pazienti, ovunque si trovassero.
Mario auspicava per lui una morte subitanea, così come è accaduto, senza dolori e patimenti. La morte – ripeteva – dei buoni e dei giusti.
Lo pensiamo nei “Campi Elisi” celesti, nel Regno dei Giusti, dove già certamente è stato accolto. Da quel “pertugio” del cielo, continuerà a guardarci e seguirci.
Addio Mario».

 

Adelfio Elio Cardinale