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Corriere della Sera: Con la terapia ormonale il rischio trombosi aumenta? E come si può prevenirla?

24-dic-2015

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Pubblicato sull'inserto salute del Corriere della Sera, a diffusione nazionale di domenica 20 dicembre 2015, un highlight del 52° Congresso Mondiale di Ematologia che si è tenuto ad Orlando, FL lo scorso 4-9 dicembre e che ha visto l'ematologia italiana e di Palermo in primo piano per l'attività di ricerca.
Ho 38 anni e sto per sottopormi a fecondazione assistita. Mi dicono che i casi di trombosi sono in aumento nelle donne in età fertile e che gravidanza o terapia ormonale (per l’iperstimolazione ovarica come nel mio caso) possono raddoppiare o triplicare le probabilità di malattia tromboembolica venosa. So che il pericolo resta minimo, ma c’è qualcosa che posso fare per prevenirlo? Esistono esami specifici da fare?
Risponde il prof. Sergio Siragusa della Scuola di Specializzazione in Ematologia Cattedra ed U.O. di Ematologia con trapianto Centro di Riferimento Regionale per le coagulopatie rare nel bambino e nell'adulto Dipartimento Biomedico di Medicina Interna e Specialistica (DIBIMIS) Università degli Studi di Palermo. “Un meccanismo complesso consente di mantenere l’equilibrio fra la tendenza del sangue a coagulare e la necessità che rimanga fluido. Se questo equilibrio si rompe e prevale la coagulazione si possono formare dei trombi, ossia coaguli di sangue, che possono arrivare a ostruire completamente i vasi sanguigni. La trombosi delle arterie può causare infarto, ictus o embolia, quelle delle vene causa la malattia tromboembolica venosa. Nell’insieme queste malattie interessano tre milioni di persone ogni anno in Italia e causano il decesso di oltre 180mila connazionali. E i numeri sono in crescita perché si tratta di disturbi che aumentano con l’età e la nostra popolazione invecchia.
Come le è stato correttamente riferito, poi, anche se il rischio di malattia tromboembolica venosa (MTEV) in età riproduttiva è basso è bene tenere presente questa possibile complicanza per identificare le donne che potrebbero avere un incremento del rischio maggiore rispetto a quello della popolazione generale. Attenzioni particolari servono solo per chi ha storia personale o familiare di eventi trombotici e non esistono esami di routine che possano predire il rischio di trombosi. Per decidere il da farsi, è bene un consulto con un ematologo che prima di procedere con esami specialistici (come indagini genetiche o sul dosaggio dei fattori della coagulazione o della loro funzionalità) valuterà il reale pericolo della singola donna, basandosi sull’anamnesi personale e familiare. In ogni caso è sempre importante prestare attenzione ai possibili campanelli d’allarme, e rivolgersi a un medico, in caso di gonfiore a una gamba, con o senza sintomi di difficoltà a respirare improvvisa e dolore toracico. Quanto alla prevenzione: inizia a tavola. Una ricerca presentata al congresso della Società Americana di Ematologia, appena conclusosi a Orlando, ha confermato la grande utilità della quercetina-3-rutinoside (nota come rutina) nel ridurre la viscosità delle piastrine che porta a coaguli di sangue.
La rutina è un flavonoide che si trova in molta frutta e verdura (specie cipolle, mele e agrumi) e diversi studi hanno dimostrato le sue capacità come anti-trombotico perché inibisce l’accumulo di piastrine che favorisce la formazione di trombi.
Più in generale, al convegno, è stata dedicato ampio spazio alle strategie di prevenzione della trombosi e alla gestione del rischio trombotico nei pazienti oncologici: oggi, infatti, la trombosi rappresenta la seconda causa di morte (dopo il cancro stesso) nelle persone con tumori solidi e del sangue. I dati hanno confermato l’efficacia di nuovi anticoagulanti orali (NAO), che non vengono più somministrati regolandone la dose attraverso il monitoraggio della coagulazione (ripetendo quindi periodicamente degli esami), ma a dosi fisse. Agiscono infatti direttamente e stabilmente contro alcuni fattori prodotti dall’organismo e risultano più maneggevoli, inoltre possono essere somministrati senza particolari limitazioni: le sperimentazioni cliniche presentate negli Usa dimostrano l’utilità e sicurezza di questi NAO anche nei pazienti con cancro, semplificando pertanto la gestione di eventuali trombosi legate alla neoplasia.
(www.Corriere.it/salute)