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39. Fregio con scena marina

29-giu-2025

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Il calco riproduce solamente la metà destra di un piccolo fregio che nel 1862 fu rinvenuto, spezzato in due parti, a Molos, vicino alle Termopili. E’ rappresentato un corteo di creature marine, che avanza da sinistra verso destra. Si riconoscono: una Nereide, parzialmente nuda e con manto volteggiante, in groppa a un cavallo marino, guidato da un Tritone che si volta indietro verso il muso dell’animale; un Erote a cavalcioni di un cervo marino; un’altra Nereide (dal corpo danneggiato) che reca un piatto pieno di offerte e sta seduta sopra un Tritone, intento a soffiare in una conchiglia. Nella porzione sinistra del fregio, non visibile nel gesso, si possono osservare altre figure dello stesso tipo: dopo due gruppi che procedono in direzione opposta, costituiti da un mostro marino imprecisabile, di cui rimane soltanto la coda, e da un Ittiocentauro munito di tridente, che trasporta sul dorso una Nereide nuda e sulla coda un Erote, compare, in moto verso destra, un Tritone con timone e vaso sulla spalla, preceduto da un Erote in groppa a un leone marino. In basso, tra un gruppo di figure e l’altro, linee sinuose suggeriscono le onde su cui il corteo procede.

Il tema del tiaso marino, composto da creature che accompagnano le nozze di Poseidone e Anfitrite, forse presenti in una parte perduta del fregio (come nel celebre monumento tuttora noto col nome di “Ara di Domizio Enobarbo”), è particolarmente diffuso nell’arte ellenistica e continua a godere di larga fortuna per tutta l’epoca imperiale romana, quando compare sovente anche nella decorazione dei sarcofagi in pietra figurati. Il fregio del Museo di Atene può forse essere datato verso la fine del periodo ellenistico, benché certe peculiarità stilistiche, come il corpo degli animali marini trattato a larghe superfici e l’atteggiamento delle Nereidi, abbiano anche fatto pensare a un prodotto posteriore, collocabile nel II secolo d.C.

 

Mentre il limite destro del rilievo corrisponde a quello del marmo originale, il margine sinistro appare spezzato. Per cui non si può escludere che, inizialmente, il gesso riproducesse l’intera porzione superstite del fregio delle Termopili.

Inv.: forse uno dei pezzi catalogati GA 395-397 (si veda il capitolo sulla storia della Gipsoteca).

Misure: cm 97,5 x 17.

Bibliografia: S. Rambaldi, La Gipsoteca del Dipartimento Culture e Società dell’Università degli Studi di Palermo. Storia e Catalogo, Palermo, Palermo University Press, 2017 (“Artes”, n.s. 2), pp. 116-117, nr. 39 (con bibliografia di riferimento sull’originale).