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MICHELE TORREGROSSA

Tecniche di upgrade del biogas a biometano.

Abstract

Il biogas prodotto dalla digestione anaerobica (AD) a partire da matrici organiche, sia in reattori controllati (digestori) che da discariche controllate, è costituito principalmente da metano, CH4 (50÷70%) e anidride carbonica, CO2 (30÷50%). Il contenuto relativo di CH4 e CO2 nel biogas dipende principalmente dalla natura del substrato e dal pH nella massa in digestione. Oltre a questi due, il biogas contiene, inoltre, quantità minori di altri composti, come l'azoto (0÷3%), il vapore acqueo (5÷10%), l’ossigeno (0÷1%), l’idrogeno solforato (0÷10.000 ppmv), che è prodotto dalla riduzione del solfato contenuto in alcuni rifiuti, l’ammoniaca, proveniente prevalentemente da idrolisi di materiali proteici, gli idrocarburi (0÷200 mg·m-3) e i silossani (0÷41 mg·m-3), ossia composti silico-organici. Oltre al CH4, tutti gli altri gas contenuti nel biogas sono indesiderati e sono considerati inquinanti del biogas stesso; alcuni di questi si ritengono addirittura dannosi al punto da scoraggiare l'utilizzo del biogas nei motori a combustione, come gli idrocarburi alogenati e i silossani, poiché producono acidi alogenati e silice che, a lungo termine, corrodono le superfici metalliche dei motori, ricoprono le candele, abradono le superfici e ostacolano il funzionamento delle valvole. Il contenuto energetico del metano descritto dal potere calorifico inferiore (PCI) è 50,4 MJ·kg-1CH4 o 36 MJ·Nm-3CH4 (in condizioni standard di temperatura e pressione). Tale valore risulta tanto minore quanto maggiore è il contenuto di CO2 o di N2 nel biogas. Per il biogas con contenuto di metano nell'intervallo 60-65%, Il PCI è di circa 20-25 MJ·m-3biogas. H2S e NH3 sono tossici ed estremamente corrosivi, danneggiando l'unità combinata di calore e potenza (CHP) e le parti metalliche attraverso l'emissione di SO2 dalla combustione. A ciò contribuisce anche la presenza di silossani come già accennato. In virtù delle sue proprietà energetiche, oggi sono sempre più proposte ed applicate tecnologie di miglioramento qualitativo delle caratteristiche del biogas allo scopo di poterne attuare lo sfruttamento per alimentazione/integrazione di reti di distribuzione di gas naturali, per autotrazione, per produzione energia elettrica e per teleriscaldamento (Fig. 1.1). Gli impianti di trattamento del biogas finalizzati al miglioramento delle sue potenzialità energetiche sono configurati, normalmente, in due stadi di trattamento: il primo stadio), denominato "biogas cleaning", ha l’obiettivo di rimuovere i composti nocivi e/o tossici (come H2S, Si, composti organici volatili (VOC), silossani, CO e NH3. All’atto pratico tale stadio è praticamente costituito solo dall'unità di rimozione dell’H2S, comunemente basata sull'ossidazione biologica dell'H2S da parte di batteri solfo-ossidanti. Il secondo stadio di trattamento è denominato "upgrading del biogas" e mira ad aumentare il potere calorifico basso del biogas e, quindi, a convertirlo in standard di combustibile più elevato (Sun et al., 2015). Nel processo di “upgrading” la CO2 contenuta nel biogas grezzo viene rimosso o convertito in CH4 mediante reazione con H2 (Kougias et al., 2017). Nel caso in cui il biogas trattato sia purificato fino ad assumere composizione simile a quella del gas naturale, il prodotto finale del gas è chiamato biometano (Kougias et al., 2017). Attualmente, le specifiche della composizione del gas naturale sono fissate dalle normative nazionali e in alcuni paesi è richiesto che il contenuto metano sia maggiore del 95%. Tuttavia, la Commissione Europea ha come obiettivo quello di determinare norme per armonizzare la qualità del gas in tutti gli stati membri (Angelidaki et al., 2018). Oggi sono disponibili numerose tecnologie commerciali per effettuare l’upgrading del biogas e, pertanto, negli ultimi anni è crescente in Europa, soprattutto in quella del nord, il numero di impianti a questo finalizzati