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ANDREA SCIASCIA

Il mare e la città. Cefalù e il Parco delle mura megalitiche di Pasquale Culotta, Giuseppe Leone e Tania Culotta.

Abstract

Il Mediterraneo è una delle fonti dell’architettura tout court ed è all’origine della storia dell’abitare del Vecchio Mondo. Al ruolo costante e di fondazione del Mare Nostrum si collega, diversi millenni dopo, quello avuto come impulso all’architettura contemporanea e, in particolare, al Movimento Moderno. Su tale imprescindibile rapporto si innesta una specifica questione relativa alle città costiere e al modo in cui queste abbiano concretamente declinato l’interazione con il mare. Se l’arco cronologico si restringe dal secondo dopoguerra ad oggi, molti di questi rapporti sono occasioni mancate, incontri distratti, dove le coste, al pari dei fondi agricoli, sono state considerate, in modo molto semplicistico, delle aree idonee per una espansione incontrollata. Al processo ottocentesco di superamento delle mura urbane storiche e alla diffusione della città extra moenia, quasi sempre, si è accompagnata una certa indifferenza nei confronti della peculiarità dei luoghi. Su questo repertorio vasto e irrisolto spiccano in positivo alcune eccezioni e, fra queste, qui si menziona quanto fatto dagli architetti Pasquale Culotta e Giuseppe Leone a Cefalù, con particolare riguardo ad alcuni interventi esemplari come: casa Salem, il piano paesistico della Rocca e il Piano particolareggiato di Cefalù, all’interno del quale si trovano i progetti per il restauro della Cortina Megalitica. Attraverso queste tre “occasioni” si potrà conoscere, seppure per frammenti, una delle lezioni architettoniche italiane più significative della seconda parte del XX secolo.