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EMANUELE PALAZZOTTO

Tra Palermo e Partinico: riconoscimento del paesaggio agrario nel progetto della “città in estensione”

Abstract

Giuseppe Samonà nel 1976, con piena consapevolezza sulla già allora strutturata condizione di crisi agricola produttivo-occupazionale introduceva il concetto di “città in estensione” rileggendo, in chiave innovativa, alcune delle visioni utopiche di fine Ottocento. Questa particolare accezione di città-campagna appare oggi estremamente interessante in proiezione futura, portando al centro della riflessione disciplinare quegli ambiti territoriali (campagna e centri minori) che, fino ad anni a noi molto prossimi, sono stati quasi esclusivamente intesi quali luoghi in attesa di un’espansione incontrollata ovvero, più semplicemente, destinati all'abbandono. L’ipotesi di “città in estensione” porta con sé un esplicito riferimento a identità specifiche, che vanno individuate e valorizzate per conferire all’ambito della campagna un ruolo realmente attivo: a tal fine risulta indispensabile un prioritario riconoscimento di valore del campo di azione più ampio, avvicinandoci ai temi più generali del paesaggio e conducendoci all’identificazione delle particolari condizioni che scaturiscono dal lavoro su un paesaggio del tutto particolare come è quello relativo alla porzione di territorio siciliano di cui si occupa la nostra ricerca. L’intenzione del progettare città e campagna come insieme unitario, implica una ricerca di forma che include le forme dell’orografia, del costruito diffuso e della campagna, ma anche le più recenti forme delle infrastrutture. Questa ricerca svolge un importante ruolo ermeneutico nel definire il difficile rapporto tra costruito e spazio aperto coltivato, tra edilizia e agricoltura, evidenziando come, anche seguendo l’idea di “città in estensione” dovrà porsi come prioritaria la definizione di un limite, di un confine e del suo significato.