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ARMANDO PLAIA

Recensione di S. Gatti, Il problema dell'illecito lucrativo tra norme di settore e diritto privato generale, ESI, Napoli, 2021

Abstract

Il libro di Stefano Gatti indaga il problema tema classico dell’illecito lucrativo e dell’arricchimento da fatto illecito. L’idea che i profitti realizzati con lo sfruttamento di un diritto altrui possano essere restituiti alla vittima dell’usurpazione è stata nel tempo sostenuta, pur se da prospettive molto diverse tra loro, in importanti studi della letteratura civilistica, quanto meno a partire dai lavori monografici di fine anni ‘50 del secolo scorso di Rodolfo Sacco e di Pietro Trimarchi . Il tema è stato ripreso, più di recente, da Andrea Nicolussi , il quale ha chiarito come il problema dell’illecito lucrativo debba essere affrontato tenendo ferma la distinzione tra le categorie della responsabilità e del risarcimento e quelle dell’arricchimento e della restituzione: il diritto può infatti essere leso sotto il profilo del godimento, attivando le forme della responsabilità civile e le tecniche di tutela risarcitorie, o sotto il profilo del potere di disposizione, in tal caso attivando la fattispecie dell’arricchimento ingiustificato e la tutela restitutoria. G. condivide questa ridefinizione degli spazi operativi delle due tutele e tuttavia respinge l’idea che il rimedio restitutorio della reversione degli utili costituisca il precipitato, in seno al sottosistema della proprietà intellettuale, del rimedio generale dell’ingiustificato arricchimento. Secondo l’A. l’art. 2041 c.c. varrebbe infatti a risolvere soltanto un problema di spostamento patrimoniale ingiustificato, non anche di distribuzione di una nuova ricchezza creata (pp. 197, 338). Gli utili dell’autore della violazione, secondo G., esulano «dall’arricchimento senza causa, per lo meno quando, alla luce della concezione patrimoniale, l’indennizzo sia quantificato nella minor somma tra impoverimento e arricchimento» (p. 342, 370). Il rimedio della reversione degli utili sarebbe dunque per l’A. una risposta, certamente a carattere restitutorio, ma comunque di tipo speciale (come tale prevalente) rispetto al rimedio generale dell’art. 2041 c.c. (p. 381). Un rimedio che non si sovrappone alla restituzione codicistica dell’arricchimento ingiustificato, ma ad essa si affianca e con essa concorre (p. 394). La reversione degli utili non sarebbe dunque riconducibile «ad alcuno degli istituti classici del diritto civile» (p. 372), pur potendo essere considerata «una peculiare evoluzione, in un settore determinato, dell’istituto dell’arricchimento senza causa» (p. 373). Tuttavia, mentre quest’ultimo rimedio si arresta al recupero del «valore oggettivo dello sfruttamento della risorsa usurpata», il rimedio restitutorio introdotto nel Codice della proprietà industriale consentirebbe di andare oltre l’impoverimento del soggetto leso (p. 373). Ebbene, secondo G., tale ultimo rimedio, in quanto contenuto in una disposizione speciale, ma non eccezionale, potrebbe applicarsi anche agli illeciti lucrativi lesivi del diritto d’autore o di altri diritti su beni immateriali (p. 436). A tale esito interpretativo, G. approda affrontando un percorso coerente rispetto alla premessa iniziale circa la non recuperabilità al patrimonio dell’usurpato, per il tramite del rimedio dell’ingiustificato arricchimento, degli utili realizzati dall’autore della violazione. Tale premessa, condivisa in letteratura anche da altri Autori , può tuttavia essere messa in discussione, nel momento in cui si ammette che la fattispecie dell’arricchimento ingiustificato possa essere attivata anche da un’ingerenza produttiva di ricchezza. In tali vicende, per quanto non possa dirsi sussistente un effettivo incremento patrimoniale con correlativa diminuzione patrimoniale, v’è comunque un arricchimento ingiustificato consistente nel fatto di appropriarsi di una riserva di utilità economica eventuale che spetta al titolare di un diritto. La vittima della usurpazione può dunque pretendere, agendo ex art. 2041